Una tragedia che segnò il territorio. Intere zone spazzate dalla furia scatenata di una natura forse sottovalutata e troppo spesso provocata dall' "irrazionalità" dall' uomo.  

Era il 5 maggio del 1998 quando un’enorme marea di fango spazzò via i comuni campani di Sarno, Siano, Quindici, Bracigliano e San Felice a Cancello, provocando la morte di 160 persone.

Legambiente denuncia che la tragedia di Sarno "ha insegnato poco o nulla" all'Italia. E allo stesso territorio sarnese. A livello nazionale, "il rischio sia idrogeologico che sismico" e "i fenomeni franosi, smottamenti ed esondazioni interessano ben l’88% dei comuni italiani". Ma nella cittadina campana, a vent'anni da quel 5 maggio del 1998 e da quell'immane disastro che provocò la morte di 160 persone di cui 137 solo a Sarno, "una rete di circa 20 chilometri di canalizzazioni e un sistema di 11 enormi vasche di raccolta costata oltre 400 milioni di euro, contro i 161 milioni di euro iniziali (corrispondenti ai 320 miliardi lire dell'epoca), oggi sono lasciati senza manutenzione e "ostruiti dal fango" e da "accumuli di rifiuti di ogni genere".

A vent'anni dalla tragedia, "appare inoltre evidente - denuncia Legambiente - come il solo ricorso al mero calcolo idraulico per la realizzazione delle opere e degli interventi di mitigazione non è più sufficiente ma anzi potrebbe rivelarsi addirittura controproducente" in quell'area.

L'approfondimento di Legambiente vuole "analizzare le cause di quella tragedia, le conseguenze e gli sviluppi giuridici, ma soprattutto capire cosa è successo in questo lungo lasso di tempo e quali sono state le soluzioni messe in campo per fronteggiare il rischio - non solo nelle aree interessate ma più in generale nell’intero Paese - e se le cause che hanno contribuito all’amplificazione della tragedia sono state estirpate o meno".

Nonostante l’ingente spesa e la complessa realizzazione, il dossier di Legambiente segnala che "l'intervento non convince del tutto e lascia aperte numerosi questioni; in primis la sua gestione: chi deve occuparsi della manutenzione dei canali e delle vasche? E soprattutto con quali fondi? Nel vuoto legislativo, per ora, sono stati effettuati rarissimi interventi di pulizia di quei canali, ancora oggi ostruiti dal fango e terreno, accumulato negli anni, oltre a rifiuti di ogni genere". "L’assoluta mancanza di controlli - è il j'accuse dell'associazione - li ha resi infatti il posto ideale per chi vuole sversare illegalmente beni ingombranti o materiali edili di risulta.

Alcuni di questi sistemi non sono ancora collegati fra loro e non sono mai stati collaudati".

"Per di più, formalmente, insistono ancora su beni intestati ai privati che attendono la cessione definitiva; venti anni non sono bastati per portare a termine le procedure espropriative e mancano all’appello circa 2800 atti di trasferimento" riferisce il rapporto. E non solo. "Il tragico evento del maggio ’98 poco aveva insegnato ai cittadini della zona: nella sola città di Sarno, nell’anno della frana - rileva lo studio di Legambiente - i cantieri abusivi scovati dai vigili urbani furono 74, tra opere completamente o parzialmente abusive e violazioni di sigilli. Così come negli anni immediatamente successivi, come se nulla fosse accaduto: nel 2003 i sequestri furono più di 400, l’anno successivo 300, nel 2008 se ne contavano altri 300. E non si è fermata, o quantomeno razionalizzata, l’espansione urbanistica e il consumo di suolo".