"Se Vladimir Putin rifiuta i negoziati in Turchia, sarà il segnale definitivo che la Russia non ha intenzione di porre fine alla guerra".

Lo ha detto questo martedì, Andriy Yermak, capo dell'Ufficio del Presidente ucraino, durante la sua partecipazione online al Copenhagen Democracy Summit 2025. 

Yermak ha rimarcato che è impossibile negoziare mentre il popolo ucraino è sottoposto a continui attacchi con missili e droni da parte della Russia. Per questo motivo, un regime di cessate il fuoco è un prerequisito cruciale e necessario. Finora, secondo Yermak, la Russia non ha fornito alcuna risposta in merito alla partecipazione di Vladimir Putin ai negoziati in Turchia:

"Abbiamo confermato che il Presidente Zelensky è pronto e sarà in Turchia. Ieri, il Presidente Trump ha dichiarato con forza e chiarezza che si aspetta che entrambi i leader siano presenti in Turchia. Sta anche valutando una visita lì. Credo che se Vladimir Putin si rifiutasse di venire in Turchia, sarebbe il segnale definitivo che la Russia non vuole porre fine a questa guerra, che non è né disposta né pronta a negoziare".

Andriy Yermak ha sottolineato che se la Russia rifiuterà i negoziati, ci dovrà essere una forte risposta da parte degli Stati Uniti e del mondo intero: nuove sanzioni contro la Federazione Russa e maggiore assistenza militare all'Ucraina.


A seguire, invece, è come in Russia viene descritto il possibile negoziato in Turchia.

La Russia si sta preparando per un nuovo round di negoziati con l'Ucraina, previsto per il 15 maggio a Istanbul. Lo ha confermato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, che ha sottolineato come i preparativi siano in corso, pur evitando di fornire ulteriori dettagli. A oggi, il Cremlino mantiene un profilo basso sul possibile esito del vertice, lasciando spazio a molte incertezze.

Il presidente russo Vladimir Putin, parlando l'11 maggio a margine di un incontro con la stampa, ha ribadito la sua volontà di tornare a un dialogo diretto con Kiev, sospeso dal 2022. Secondo Putin, i negoziati dovrebbero ripartire senza precondizioni, e ha accusato l'Ucraina di non aver rispettato più volte i cessate il fuoco dichiarati da Mosca, inclusa una recente tregua proposta durante le commemorazioni dell'80° anniversario della vittoria sovietica nella Seconda guerra mondiale.

Anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha confermato la sua intenzione di recarsi a Istanbul, rompendo con la sua precedente linea che imponeva un cessate il fuoco di 30 giorni come precondizione per ogni trattativa. Questo cambio di rotta sembra seguire l'invito del presidente statunitense Donald Trump, che ha esortato Kiev ad accettare l'offerta russa per non perdere un'opportunità di negoziazione.

Anche il viceministro degli Esteri Sergey Ryabkov ha sottolineato che Mosca intende trattare direttamente con l'Ucraina. Intervistato dalla TASS, Ryabkov ha auspicato che l'incontro non venga trasformato in una semplice operazione mediatica, come a suo dire è già avvenuto in passato. Il diplomatico ha affermato che l'obiettivo russo è raggiungere un accordo di pace "sostenibile", ma fondato sulla "realtà del territorio" — un chiaro riferimento alle regioni ucraine attualmente occupate dalla Russia e da Mosca considerate come parte integrante del proprio territorio.

Nel frattempo Putin, durante un incontro con l'associazione imprenditoriale Delovaya Rossiya, ha criticato l'Occidente, accusandolo di danneggiare deliberatamente le proprie economie pur di colpire la Russia.

"Le principali economie mondiali stanno scivolando in recessione, solo per farci del male",

ha affermato il presidentente, utilizzando poi come paragone quella di chi compri un biglietto senza poi salire a bordo... solo per fare un dispetto al controllore!

Il leader del Cremlino ha poi invitato il sistema produttivo russo a prepararsi a ulteriori pressioni e restrizioni economiche, sostenendo che la Russia deve puntare su parametri che garantiscano "indipendenza e sovranità economica".


I colloqui di Istanbul potrebbero rappresentare un momento potenzialmente decisivo per la risoluzione del conflitto in Ucraina. Da un lato, c'è la disponibilità dichiarata di entrambe le parti a sedersi al tavolo, ma dall'altro restano intatti i nodi territoriali e politici che hanno fatto deragliare ogni tentativo di pace negli ultimi due anni. Se sarà diplomazia o ennesimo teatrino lo diranno i fatti, ma la posta in gioco — sia sul campo che nelle cancellerie — resta altissima.