Dopo le elezioni del 4 marzo il risultato delle urne è stato battezzato come la vittoria delle formazioni politiche che in campagna elettorale si erano caratterizzate come forze “antisistema",  M5S e Lega.

Come spesso accade, con superficialità e faciloneria si appioppano a tizio o a caio etichette stereotipate che travisano la realtà e danno vita a preconcetti irrazionali.

Sarebbe sensato domandarsi, innanzitutto, quale sia il “sistema” contro il quale siano nati, eventualmente, atteggiamenti “anti” ed il perché.

Se per “sistema”, ad esempio, si intende l’insieme di istituzioni, soggetti, risorse e mezzi finalizzati a governare il Paese nell’esclusivo interesse della collettività, allora bisognerebbe appurare se il "sistema", in tutte le sue componenti, sia stato coerente con le sue finalità statutarie.

Qualora, infatti, anche solo alcune componenti costitutive del “sistema” abbiano disatteso, per esempio, l’impegno primario di perseguire l’esclusivo interesse della collettività, è evidente che gli atteggiamenti  “anti” avrebbero origine già all’interno del “sistema” e non fuori.    

Perché questa pallosa premessa?

Semplicemente perché anche in queste ore stuzzica l’idea che se a qualcuno venisse in mente di realizzare uno spot pubblicitario per spiegare e legittimare gli atteggiamenti “antisistema”, non dovrebbe fare altro che avvalersi di Matteo Renzi come protagonista dello spot.

Perché lui?

Perché ancora una volta è proprio il “semplice senatore di Scandicci” a dar prova di fottersene dei problemi del Paese e di privilegiare i suoi interessi di bottega.

Infatti, non appena il primo giro di consultazioni al Quirinale si è concluso con un buco nell’acqua, lui che ti ha fatto?

Ha chiamati a raccolta i suoi accoliti (°) e li ha riuniti per un “caminetto” lontano dalle sedi ufficiali, e non per studiare come contribuire a risolvere la crisi di governo, no!, ma per dettare i tatticismi con cui tarpare le ali al PD ed impedirgli di accogliere l’invito di Mattarella ad avere un confronto con le altre forze politiche.

Per sua natura, come già comprovato dalla pugnalata alle spalle di Enrico Letta, Renzi predilige essere orditore di congiure e trame, ed essendo un soggetto infido e rancoroso non perdona chiunque intralci le sue irrefrenabili mire personali.

Ecco perché, temendo che Maurizio Martina rappresenti un ostacolo ai suoi disegni, non lo ha invitato alla riunione “segreta” nonostante sia il segretario reggente del PD.

La verità è che in quella riunione il ducetto di Rignano con i suoi yesmen ha voluto:

1. mettere a punto le modalità per impedire che Martina possa essere eletto segretario del Pd dalla assemblea nazionale del 21 aprile p.v.;

2. ribadire che alla segreteria del PD dovrà andare assolutamente un suo fedelissimo perché, in caso di elezioni anticipate, spetterà al segretario compilare le liste dei candidati al Senato ed alla Camera e quindi…;

3. respingere tout court il nuovo invito di Di Maio ad un confronto sulla formazione del nuovo governo perché si vuole lasciare aperta la opzione Forza Italia.

In breve, nonostante il Paese sia bloccato da una crisi di governo la cui durata resta tuttora imprevedibile, Matteo Renzi considera solo prioritario assicurarsi la egemonia sul PD, dal quale ha fatto finta di rassegnare le dimissioni da segretario un mese fa.

A questo punto è lecito domandarsi: quando Renzi, esponente di primo piano del “sistema”, antepone senza remore le sue grette convenienze personali all’esclusivo interesse della collettività, finalità principe del cosiddetto “sistema”, non è forse lui che opera per primo contro gli stessi precetti del “sistema” comportandosi così da “anti” ?

E non sono più deplorabili, perciò, i comportamenti di Renzi rispetto a quelli di chi dall’esterno criticando per l’appunto ciò che tutti vedono viene tacciato di essere un “antisistema”?

(°)Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Ettore Rosato, Lorenzo Guerini, Francesco Bonifazi, Graziano Delrio, Andrea Marcucci, Matteo Orfini.