La sanità italiana continua ad essere una delle "fonti" principali ad alimentare il sempre vasto mare di crediti riscossi in enorme ritardo da parte delle imprese italiane. L'ultimo dato disponibile, fornito dalla Corte dei conti nel 2015, indica in 22,9 miliardi di euro il debito accumulato dalle Asl nei confronti delle aziende.

«Sebbene negli ultimi anni lo stock sia in calo – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – l’ammontare complessivo del debito commerciale del nostro servizio sanitario non è ancora stato ricondotto entro limiti fisiologici. Purtroppo, soprattutto nel Mezzogiorno, le nostre Asl continuano ad essere in affanno con i pagamenti, mettendo così in seria difficoltà moltissime Pmi.»

I motivi di tale situazione sarebbero sostanzialmente due. Uno legato alla differenza di prezzo pagato dalle varie regioni nell'approvvigionamento delle forniture (che però dovrebbe essere in via di risoluzione con le nuove norme volute dal Governo). L'altro, invece, è l'imposizione da parte di Asl o case di cura di tempi di pagamento lunghissimi controbilanciati da un aggravio nel costo delle forniture.

Tra le regioni più indebitate, in base ai riscontri di una ricerca effettuata dalla Cgia, la regione più indebitata è il Lazio, con 3,8 miliardi di euro. A seguire la Campania con 3 miliardi di euro, la Lombardia con 2,3 miliardi, la Sicilia e il Piemonte entrambe con 1,8 miliardi di euro ancora da saldare.

La classifica, però, viene rivoluzionata se si prendono in considerazione i debiti delle regioni in rapporto al numero di residenti. In questo caso, il primato spetta al Molise, con 1.735 euro pro capite, mentre il Lazio si piazza comunque al secondo posto con 644 euro per abitante. Seguono la Calabria con 562 euro pro capite e la Campania con 518 euro per ogni residente.

La nota positiva è che, comunque, dal 2011 il debito complessivo è in costante calo ed è sceso di 15 miliardi di euro (-39,7 per cento), con le contrazioni più importanti che si sono verificate nelle Marche (-69,5 per cento), in Campania (-55,4 per cento) e in Veneto (-51 per cento). Solo nel Molise e in Umbria la situazione è peggiorata: nel primo caso la crescita è stata del 39,7 per cento, mentre nel secondo caso del 57,7 per cento.

Per quanto concerne i tempi medi di pagamento praticati nel 2016 e riferiti alle sole forniture di dispositivi medici (fonte Assobiomedica), in Molise il saldo della fattura è avvenuto mediamente dopo 621 giorni, in Calabria dopo 443 giorni e in Campania dopo 259 giorni. Se teniamo conto che la legge in vigore stabilisce che i pagamenti delle strutture sanitarie debbano avvenire entro 60 giorni dall’emissione della fattura, vi è comunque una perfetta coerenza a livello nazionale, dato che nessuna regione rispetta tale termine.

«Dal giugno del 2014 - come ricorda il segretario della CGIA Renato Mason - la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, ritenendoci responsabili di aver violato la Direttiva europea sui ritardi di pagamento entrata in vigore nel marzo del 2013. Ad oggi, la procedura è ancora in corso.»

Infine, nonostante i proclami dell'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi - risalenti ormai al 2014 - in cui prometteva in pochi mesi di risolvere la situazione, i debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese fornitrici, secondo le ultime stime della Banca d’Italia, ammontano a 64 miliardi di euro, con tempi di pagamento significativamente più elevati rispetto alla media degli altri Paesi europei.