Il vicepremier Di Maio prende ad esempio un rapporto della Caritas per ricordarci la bontà della manovra finanziaria, così come è stata impostata, ed in particolare del reddito di cittadinanza, che ne è parte integrante.

«Finalmente consideriamo le persone in difficoltà - ha detto Di Maio  - non solo come persone da aiutare economicamente: le vogliamo anche formare e inserire nel mondo del lavoro, come non si era mai visto prima.»

In realtà, però, qualche "problemino" il reddito di cittadinanza, a cui Di Maio si riferiva con la sua affermazione, lo ha.


Sicuramente nel nome, dato che quello indicato in manovra, con buona pace di Renzi e di quelli che utilizzano tale provvedimento come strumento di scontro politico, non è un vero reddito di cittadinanza, dal momento che non garantisce un reddito senza condizioni a tutti i cittadini, come invece cercano di propagandare alcuni personaggi dell'opposizione.

Quello messo a punto dai grillini è un reddito destinato a "disoccupati poveri" che, per riceverlo e continuare a farlo, devono prestare alcune ore del loro tempo a lavorare gratis per un ente pubblico (Comune), cercarsi lavoro, partecipare a dei corsi di formazione, non rifiutare più di un certo numero di offerte di lavoro.

Inoltre, la definizione stessa di "disoccupato povero" fa sorgere più di un dubbio sull'effettiva utilità del provvedimento. Infatti, in essa, è implicitamente contenuta l'affermazione che sia solo la mancanza di lavoro a determinare la povertà. Sono sicuri i 5 Stelle che oggi trovare un lavoro faccia uscire dalla povertà? In base a dei rapporti che si riferivano allo scorso anno, anche chi era occupato contribuiva ad alimentare il numero sia dei poveri assoluti che di quelli relativi.

Una considerazione non certo irrilevante in funzione della determinazione del reddito da offrire a chi ne farà richiesta e agli effettivi benefici che potrà generare.

Inoltre, i 5 Stelle, in base ad una considerazione di Chiara Saraceno,

«sembrano considerare la disoccupazione una conseguenza delle caratteristiche dell’offerta: troppo rigida, troppo garantita, dicevano i governi precedenti, introducendo dosi massicce di flessibilità che spesso si traducevano in precarietà tout court. Pigri, non informati delle possibilità di lavoro esistenti, a rischio di rimanere seduti sul divano, suggeriscono i pentastellati a proposito dei disoccupati poveri.Che ci sia bisogno di Centri per l’impiego più efficienti, di servizi di riqualificazione e accompagnamento al lavoro per fasce di popolazione a bassa qualifica o con qualifiche obsolete, è indubbio. Ma confondere le politiche di sostegno al reddito con le politiche attive del lavoro genera solo confusione, oltre che aspettative a rischio di delusione. Sarebbe invece opportuno introdurre incentivi per chi, ricevendo il Reddito di cittadinanza, riesce anche a procacciarsi un reddito parziale nell’economia formale. È ciò che avviene in molti sistemi di reddito minimo in Europa.»

C'è poi il problema di chi sarà beneficiario di tale reddito. Al momento ne sono esclusi gli stranieri non comunitari, in spregio ai principi costituzionali e alle norme europee.

Infine, le modalità di erogazione, la tipologia dei beni acquistabili e la limitazione di tempo nello spendere il reddito sono ulteriori ostacoli ai suoi possibili benefici.

Pagare dei beni tramite una carta con il rischio che alcuni ti vengano rifiutati non è certo un incentivo agli acquisti e un beneficio per la ripresa economica. E come effettuare acquisti in negozi che non accettano carte? Inoltre, pretendere che la spesa del reddito venga effettuata nel mese stesso in cui è erogato, con la certezza di perdere il residuo non speso, è una assurdità che non contribuisce ad organizzare gli acquisti, ad occuparsi di spese future o a far fronte agli imprevisti come avviene nella vita di tutti i giorni.

Sono anni che i 5 Stelle stanno promuovendo il reddito di cittadinanza. Nonostante ciò, appena hanno avuto la possibilità di metterlo in pratica, come elencato in precedenza, molte sono le perplessità che lo accompagnano.