Secondo le regole carcerarie israeliane, il rifiuto del cibo da parte di un condannato è da considerarasi un reato, suscettibile di conseguenze disciplinari.

Rifiutare il cibo equivale ad effettuare uno sciopero della fame che, per Israele, equivale ad un'azione di protesta che, come tale, è da considerarsi illegale e, pertanto, punibile.

Queste le dichiarazioni delle autorità israeliane dopo che, domenica 16 aprile, 700 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno iniziato uno sciopero della fame perché vengano accolte alcune delle richieste da loro avanzate aluni giorni fa che comprendono, tra l'altro, la revoca della detenzione e dell'isolamento senza che sia prima stato effettuato un processo nei confrionti di un indiziato.

Coloro che hanno iniziato lo sciopero della fame chiedono anche il ripristino di una serie di diritti ultimamente loro revocati, tra cui l'installazione di un telefono a pagamento in ogni sezione di detenzione, l'aumento della possibilità di visite da parte dei familiari e la possibilità di potersi fotografare con loro.

Sarebbero 5.000 i prigionieri palestinesi ad oggi detenuti in Israele. Un numero cresciuto notevolmente negli ultimi 18 mesi dopo gli attacchi effettuati utilizzando coltelli e veicoli lanciati contro la folla.

A coordinare lo sciopero ci sarebbe Marwan Barghouti, colui che i palestinesi considerano come il proprio Mandela.

Incarcerato dal 2002 in una prigione di massima sicurezza con una condanna a ben 5 ergastoli per altrettanti omicidi, Barghouti contesta la politica di dialogo scelta da Abu Mazen nei confronti degli Usa e la cooperazione tra Autorità nazionale palestinese ed Israele.

Per tale motivo, lo sciopero è visto come un'azione di protesta non solo contro Israele, ma anche contro gli attuali vertici dell'Autorità Palestinese, in occasione della prossima visita di Abu Mazen negli Stati Uniti e in vista delle prossime elezioni palestinesi che dovranno sancire il sostituto di Abu Mazen come presidente dell'OLP, presidente di Fatah e presidente dell'Autorità Palestinese.

Ruolo in cui molti, anche all'interno delle stesse istituzioni israeliane, vedono in Marwan Barghouti il naturale erede, a meno che non si voglia lasciare il destino dei Palestinesi nelle mani di Hamas.