Il numero dei pazienti ipertesi è molto alto in Italia e nel mondo e spesso sono proprio questi ad essere a rischio di infarto, ictus o altre patalogie simili.

L'ipertensione  arteriosa è un problema che colpisce in Italia in media il 33% degli uomini e il 31% delle donne.  Il 19% degli uomini e il 14% delle donne sono in una condizione di rischio per altre patologie.

In Italia nel Nord Est il 37% degli uomini e il 29% delle donne sono ipertesi; il 22% degli uomini e il 16% delle donne si trovano in una condizione di rischio.

Nel Nord Ovest il 33% degli uomini e il 29% delle donne sono ipertesi; il 20% degli uomini e il 15% delle donne sono in una condizione di rischio.

Al centro Italia il 31% degli uomini e il 29% delle donne sono ipertesi; il 18% degli uomini e il 13% delle donne sono in una condizione di rischio.

Nel sud e Isole il 33% degli uomini e il 34% delle donne sono ipertesi; il 17% degli uomini e il 13% delle donne sono in una condizione di rischio.

(Fonte: www.cuore.iss.it


In relazione all'ipertensione, un recente studio ha messo in evidenza l'importanza di misurare la pressione sitolica e diastolica su entrambe le braccia. 

Secondo le classiche linee guida della Società Europea di Cardiologia ESC una differenza di pressione sistolica >15 mmHg tra le due braccia è da considerare un fattore di rischio aggiuntivo nei pazienti ipertesi e/o con altri fattori di rischio  cardio vascolare. Oggi secondo alcune ricerche questo limite va modificato a 10 mm di mercurio.

Il nuovo studio coordinato da ricercatori dell'Università di Exeter (UK), grazie a un'ampia collaborazione internazionale (Interpress-IPD) ha condotto una imponente meta-analisi di  24 studi globali con un database di quasi 54.000 persone da Europa, Stati Uniti, Africa e Asia.

Finanziato dal Servizio sanitario nazionale inglese (NIHR) e pubblicato sulla rivista Hypertension, lo studio ha confrontato i dati sulla differenza di pressione sistolica tra le braccia con il numero di decessi, infarti e ictus verificatisi in questa popolazione nell'arco di 10 anni.

L'analisi ha trovato un'associazione fra differenza di pressione sistolica nelle braccia e mortalità per tutte le cause (HR continuo 1,05 IC 95%, 1,02–1,08 per 5 mm Hg di differenza) e un'associazione con la mortalità cardiovascolare (HR continuo 1,06 IC 95%, 1,02–1,08 per 5 mm Hg di differenza)

Secondo Chris Clark dell'Università di Exeter

“Una differenza di pressione sanguigna tra le due braccia è collegata a esiti di salute peggiori. I grandi numeri coinvolti nello studio INTERPRESS-IPD ci aiutano a comprenderlo in modo più dettagliato. L'ultima  ricerca ci dice che maggiore è la differenza della pressione sanguigna tra le braccia, maggiore è il rischio cardiovascolare, quindi è davvero fondamentale misurare la pressione in entrambe le braccia.”

Oggi, quindi, una differenza di pressione tra le due braccia di 10 mmHg, deve fare prevedere un maggiore rischio di ictus, infarti e quindi anche morte. 

Ovvio che la valutazione complessiva di ogni singolo caso deve essere fatta dal medico che valuterà anche altri fattori di rischio, quali casi presedenti riscontrati in famiglia, l'obesità, il diabete , l'ipercolesterolemia, ecc.