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I ministri Salvini e Santanchè non sono stati sfiduciati, Meloni invece sì... e lo ha fatto da sola senza alcun intervento delle opposizioni

Nella seduta di giovedì 4 aprile l'Assemblea ha respinto la mozione Francesco Silvestri ed altri (n. 1-00164), presentata a norma dell'articolo 115 comma 3 del Regolamento nei confronti del Ministro del turismo, Daniela Garnero Santanchè: 213 i no a sostegno di Santanchè, mentre i sì sono stati 121.

Più o meno con gli stessi voti (211 a 129) ieri, sempre alla Camera, era stata respinta la mozione di sfiducia nei confronti del ministro dei Trasporti e vicepresidente del Consiglio, presentata da Richetti ed altri (n. 1-00249)

Consultando i link sopra riportati, è possibile leggere in dettaglio le motivazioni che hanno portato le opposizioni a chiedere la sfiducia ai due ministri del governo Meloni.

In breve, la sfiducia a Salvini riguardava il rapporto di collaborazione della Lega con Russia Unita, il partito di Putin, definito in un contratto mai ufficialmente stracciato dal vicepresidente del Consiglio che, nei giorni scorsi, si era pure messo ad esaltare il voto alle presidenziali russe, una farsa per giustificare la riconferma al potere di Putin!

La sfiducia a Santanchè era invece collegata alla vicenda Visibilia, per la quale la ministra meloniana sembra destinata a doversi difendere in tribunale anche dall'accusa di truffa ai danni dell'Inps.

La maggioranza di governo ha voluto salvare i propri ministri: era prevedibile. Così facendo, però, le opposizioni sono riuscite a smascherare ancora una volta tutte le contraddizioni di Meloni e di chi in Parlamento la sostiene.

"Signor Presidente, le dimissioni da Ministro sarebbero un gesto importante e significativo, un forte segnale di rispetto verso le istituzioni".

Così diceva Giorgia Meloni il 20 giugno 2013 in relazione al caso che investì l'allora ministra Josefa Idem, relativo ad un mancato pagamento IMU per poco meno di 3.000 euro.

La stessa Meloni, nell'aprile 2016, nei confronti della ministra Guidi dichiarò: "La Guidi si è dimessa ed era il minimo che potesse fare".

Ma non si trattenne neppure sul caso Lupi: "A dimettersi avrebbe dovuto essere tutto il Governo Renzi, non un singolo ministro".

E sulla Boschi:

"Non c'è dubbio che la Boschi avrebbe dovuto dimettersi, perché nel caso Etruria non è vittima di un linciaggio sociale, e avrebbe dovuto dimettersi molte volte in questi mesi".

Ma il campionario di come la Meloni intenda governare, riconoscendo disciplina e onore negli amministratori pubblici solo in base alla tessera di partito, lo ricordano anche altri episodi.

Nel marzo del 2015 il Capo di gabinetto della Regione Lazio ricevette un avviso di garanzia, con la richiesta di dimissioni da parte di Fratelli d'Italia al presidente Zingaretti. Per gli avvisi di garanzia di quella che venne definita mafia capitale, Fratelli d'Italia chiese le dimissioni al sindaco di Roma dell'epoca, non indagato. Nel giugno 2017, Meloni chiese le dimissioni del ministro Lotti in relazione al caso Consip. Nel dicembre dello stesso anno le dimissioni vennero chieste anche al sindaco di Milano, Beppe Sala. Per il caso Bibbiano, Giorgia Meloni andava a Reggio Emilia chiedendo le dimissioni di tutti gli amministratori del Partito Democratico e del centrosinistra. Più di recente, l'attuale premier chiese le dimissioni anche del ministro Lamorgese, perché la moglie del capo del dipartimento libertà civili e immigrazione del Viminale aveva avuto un avviso di garanzia.

Oggi, invece, Meloni ritiene che Meloni e Salvini ricoprano gli incarichi ministeriali nel suo governo con disciplina e onore!

Pertanto, in base alle votazioni di ieri e oggi e a ciò che la Meloni ha sostenuto in passato, mentre i due ministri non sono stati tecnicamente sfiduciati, è invece ampiamente dimostrato che si è sfiduciata da sola la premier Meloni, dimostrando - ancora una volta - la sua totale incoerenza e la conseguente non credibilità.

Autore Piero Rizzo
Categoria Politica
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