Il nuovo "inderogabile" ultimatum di Alitalia è stato fissato al 21 novembre 2019
Anche i politici (a) 5 Stelle sono diventati tra i massimi esperti in Italia di "penultimatum". Dopo quelli relativi alla vicenda ex Ilva, conclusasi con la "geniale" mossa di Di Maio che disse ad azienda e sindacati di risolvere la questione tra loro, se ne fossero stati capaci, adesso nuovi record in materia sono stati stabiliti con la vicenda Alitalia.
Il 15 ottobre scadeva l'ennesimo improrogabile (definizione del ministro dello Sviluppo Patuanelli) ultimatum per far (ri)partire Alitalia con una nuova compagnia. Però si è scoperto che erano necessarie nuove rassicurazioni sul piano aziendale, tanto da ipotizzare l'ingresso di un nuovo partner tecnico al posto di Delta, dopo ben 12 mesi dal suo ingresso in quella che dovrà essere la nuova compagine aziendale.
Adesso, dopo il penultimatum, il ministro dello Sviluppo Patuanelli ha autorizzato una ulteriore proroga per la presentazione dell'offerta vincolante per la nuova Alitalia, indicando come nuova (ultima ed improrogabile) data quella del 21 novembre 2019, subordinandola però alle seguenti due condizioni: intervento diretto dei Commissari e immediato confronto con gli offerenti; richiesta di aggiornamento quotidiano sullo stato di avanzamento dei lavori.
La vicenda Alitalia non è certo l'unica a descrivere l'incertezza dello stato in cui versa il mondo produttivo del Paese, dove sono ben 164 le crisi aziendali non risolte, di cui al momento la più rappresentativa è costituita da quella della Whirlpool di Napoli - dove esisteva un'intesa sottoscritta con la multinazionale americana che, alla fine dei conti, si è però rivelata carta straccia - anche se non è da sottovalutare quella di ArcelorMittal con gli operai dell'ex Ilva in cassa integrazione, mentre l'esecutivo ha deciso di negare l'immunità alla nuova proprietà per quanto riguarda il piano ambientale, dopo averla accordata in precedenza.
È evidente che l'assenza di una vera maggioranza di governo seria, affidabile e credibile, costituisce il principale ostacolo alla ripresa, a partire dalla definizione di un vero piano industriale che possa limitare, tra l'altro, il potere contrattuale delle multinazionali che variano le proprie strategie nel giro di pochi mesi, se non di settimane, senza tener conto della forza lavoro e della responsabilità sociale di cui sono investite.