Abbiamo intervistato per Freeskipper Italia il Dott. Gregorio Scribano, esperto di comunicazione e social media manager, sulla crisi dell’informazione e l’innovazione del giornalismo di interesse pubblico.
Dott. Scribano, la crisi dell’informazione e la perdita di credibilità dei media sono temi centrali del dibattito pubblico odierno. Come possiamo rispondere a questa situazione?
È indubbio che ci troviamo in un momento di grande trasformazione per l’informazione. La crisi è alimentata dalla proliferazione di notizie false, dalla crescente polarizzazione e dalla crescente sfiducia nei confronti dei media tradizionali. Per rispondere a questa crisi, è fondamentale un cambio di paradigma. I media devono riprendersi la fiducia attraverso un ritorno a pratiche giornalistiche solide, basate sulla verifica, l’etica e l’accuratezza. Ma non basta. È necessario anche un impegno concreto a riportare al centro dei contenuti giornalistici i temi di interesse pubblico, come l’ambiente, la salute, e la legalità, che sono vitali per il benessere delle comunità.
Qual è il ruolo del giornalismo di interesse pubblico in questo contesto?
Il giornalismo di interesse pubblico deve essere al servizio delle comunità. Non può più limitarsi a raccontare eventi in maniera superficiale o sensazionalista, ma deve affrontare in profondità le sfide che le persone vivono quotidianamente. Dobbiamo concentrarci su temi che toccano la vita di tutti, come la protezione dell’ambiente, la salvaguardia della salute pubblica, e la difesa della legalità. Questi sono temi che richiedono attenzione costante e una trattazione che vada oltre le apparenze. Il giornalismo deve diventare uno strumento per stimolare la consapevolezza collettiva, per educare i cittadini e per favorire il dibattito pubblico.
L’emergere di tecnologie come gli smartphone e i social media ha trasformato il panorama dell’informazione. Come influiscono sulla crisi dell’informazione e sulla perdita di credibilità dei media?
Le nuove tecnologie hanno avuto un impatto profondo. Da un lato, hanno democratizzato l’accesso all’informazione, permettendo a chiunque di creare e diffondere contenuti. Dall’altro, hanno facilitato la diffusione di informazioni non verificate e spesso fuorvianti. I social media, in particolare, favoriscono l’eco-chamber, dove le persone sono esposte a opinioni simili alle proprie, anziché confrontarsi con diverse prospettive. Il rischio è quello di rinforzare la disinformazione e la polarizzazione. Questo scenario implica una grande responsabilità per i giornalisti, che devono distinguersi per la qualità e l’affidabilità delle loro informazioni. La tecnologia è uno strumento potente, ma va usata con consapevolezza, integrando il lavoro giornalistico con nuovi modelli partecipativi, come il civic journalism e il citizen journalism.
Ci può spiegare la differenza tra citizen journalism e civic journalism?
Certamente. Il citizen journalism riguarda la creazione di contenuti da parte di cittadini non professionisti. Questi producono e diffondono notizie in modo autonomo, senza l’intermediazione di giornalisti professionisti. È un fenomeno che ha preso piede con l’avvento di piattaforme social e blog, e spesso si caratterizza per un approccio immediato e senza filtri. Tuttavia, manca della professionalità necessaria per una verifica accurata e una narrazione equilibrata.
Il civic journalism, invece, è un modello che si fonda sulla collaborazione tra giornalisti professionisti e comunità. In questo caso, i giornalisti svolgono il ruolo di guida nel processo di raccolta e verifica delle informazioni, ma coinvolgono attivamente i cittadini nel raccontare le loro storie, nel condividere esperienze locali e nel contribuire al processo informativo. L’obiettivo non è tanto la creazione di contenuti per il sensazionalismo, ma piuttosto il rafforzamento della comprensione dei problemi che le comunità affrontano, in modo che possano essere affrontati collettivamente.
Nel contesto italiano, quali iniziative di giornalismo partecipativo ritiene siano particolarmente rilevanti?
In Italia, uno degli esempi più significativi è stato l’iniziativa di Freeskipper Italia, che nel 2010 ha portato il giornalismo partecipativo nel nostro Paese. Questo tipo di piattaforma ha permesso ai cittadini di contribuire attivamente all’informazione, amplificando il coinvolgimento pubblico. È un ottimo esempio di come la partecipazione diretta dei cittadini possa coesistere con il giornalismo professionale, creando uno spazio di maggiore trasparenza e accesso alle informazioni.
In generale, vedo molte altre iniziative locali e piattaforme digitali che stanno crescendo. Questi progetti sono fondamentali per riavvicinare le persone all’informazione di qualità, perché contribuiscono a creare una rete più solida tra i giornalisti e le comunità, costruendo fiducia e promuovendo la responsabilità civica.
Quali sono, secondo lei, le principali sfide che il giornalismo di interesse pubblico deve affrontare per superare la crisi attuale?
La sfida più grande è quella di recuperare la credibilità. I media devono riprendersi la fiducia del pubblico, e ciò è possibile solo attraverso la trasparenza, l’onestà e un impegno autentico a raccontare storie che rispecchiano la realtà. Un’altra grande sfida è quella di innovare senza sacrificare i principi giornalistici fondamentali. L’equilibrio tra l’adozione di nuove tecnologie e il mantenimento di standard professionali è difficile, ma necessario.
Infine, il giornalismo di interesse pubblico deve riuscire a promuovere una visione inclusiva, che metta al centro i bisogni delle comunità e che risponda ai loro problemi concreti. Ciò significa riprendere il controllo dell’agenda mediatica, spostando l’attenzione dai temi più sensazionalistici a quelli che realmente contano per il benessere sociale, economico e ambientale. È un lavoro che richiede tempo e impegno, ma che è assolutamente fondamentale per il futuro della nostra democrazia.
In un’epoca in cui i social media dominano il panorama dell’informazione, come possiamo garantire che la partecipazione dei cittadini non vada a detrimento della qualità delle notizie, ma anzi contribuisca a migliorarla?
Questa è una delle sfide principali. I social media sono strumenti potenti, ma anche estremamente pericolosi per la qualità dell’informazione, poiché possono amplificare la disinformazione e creare bolle di filtraggio. Tuttavia, se usati correttamente, possono essere un’opportunità unica per coinvolgere i cittadini nella creazione di contenuti.
Per garantire che la partecipazione non vada a detrimento della qualità, è essenziale che i giornalisti mantengano un ruolo di supervisione. Devono assicurarsi che le informazioni raccolte siano verificate, contestualizzate e presentate in modo responsabile. Inoltre, è fondamentale che ci siano forme di mediazione, come la moderazione dei contenuti e la partecipazione attiva della comunità, per evitare che vengano promosse notizie false o parziali.
Il giornalismo partecipativo non deve sostituire i professionisti, ma integrarli in un nuovo modello in cui l’interazione con il pubblico arricchisce la qualità delle informazioni. Il dialogo continuo tra giornalisti e cittadini, basato sulla trasparenza, è la chiave per costruire un’informazione di qualità.
Concludiamo con uno sguardo al futuro: come immagina il giornalismo tra 10-20 anni, in un mondo sempre più connesso e in continua evoluzione?
In futuro, il giornalismo dovrà essere ancora più radicato nella comunità e nei valori di trasparenza e responsabilità. La tecnologia ci darà nuovi strumenti per raccogliere, verificare e distribuire le informazioni, ma il cuore del giornalismo rimarrà invariato: raccontare storie vere, utili, che aiutano le persone a comprendere il mondo che li circonda.
Immagino un giornalismo sempre più “ibrido”, in cui i confini tra professionisti e cittadini saranno sempre più labili, ma in cui i giornalisti continueranno a svolgere un ruolo fondamentale nella selezione e nella verifica delle informazioni. Sarà un giornalismo che coinvolge le persone, ma anche un giornalismo che sa ascoltare le comunità e rispondere ai loro bisogni.
Soprattutto, sarà un giornalismo che non avrà paura di rimettere al centro i grandi temi della nostra società, come la sostenibilità, la giustizia sociale, e la legalità, perché questi sono i veri temi che toccano le persone e le comunità. Se il giornalismo saprà fare questo, avrà un futuro promettente.
Dott. Scribano, la ringrazio per questa intervista. È stato un piacere ascoltare il suo punto di vista su un tema tanto importante.
Grazie a voi. È un tema cruciale, e spero che le iniziative di giornalismo civico e partecipativo possano essere la chiave per un futuro informativo più giusto e trasparente.