«Lancio un appello al voto utile: in corsa per essere il primo partito ci siamo solo noi e M5S. Chi non vota per noi, paradossalmente, aiuta l'ascesa dei grillini. Anzi, di un governo M5S-Lega: il rischio è concreto. Noi? Per me è fondamentale ci sia il Pd davanti. Se non sarà così, il Pd è pronto ad andare all’opposizione: non ce l’ha detto il dottore di andare al governo.»

Questo è quanto ha dichiarato Matteo Renzi in un'intervista al Messaggero. Nelle parole dell'ex premier, candidato a diventare - nonostante le sue smentite - anche ex segretario del Partito Democratico, è racchiusa tutta la sua disperazione, dovuta al dispetto causato dall'incredulità di veder sfumare il suo sogno - quello del potere incondizionato e perpetuo - che sta alla base del suo impegno in politica.

È un Renzi bollito, forse sordo o mal consigliato, che continua come un automa a rimbalzare per l'Italia snocciolando lo stesso rosario con l'enumerare i suoi molteplici "successi" smentiti da un paese sempre più diviso e arrabbiato. Mercoledì sera Renzi era ospite della trasmissione Bersaglio Mobile condotta da Mentana. Il risultato della sua "performance" non può che essere stato quello di aver causato un ulteriore drastico calo di preferenze tra coloro che una volta avrebbero votato Pd.

Renzi ha cercato di dimostrare che il dogma dell'infallibilità non è solo applicabile agli insegnamenti della dottrina cattolica, ma anche alla politica italiana e lui ne è l'unico profeta... lo è stato in passato, lo è adesso e lo sarà in futuro. Un po' sopra alle righe la sua presunzione per riuscire ad essere digeribile.

Ed è per questo che Renzi si è ridotto a sventolare spauracchi ed ipotesi lunari su improbabili e scombiccherate alleanze da parte degli avversari politici, fino a rifugiarsi in pietosi appelli sulla necessità di essere il primo partito e a schizofrenici dietrofront, ricordandosi anche che in una democrazia esiste pure l'opposizione.

E questo modo di far politica risulta ancor più disperato se si raffronta alla lucidità del principale "nemico" del Pd, il Movimento 5 Stelle, quello degli incapaci e degli ignoranti che per governare si affidano però ai professori. Al di là che questi possano essere o meno adatti al compito - nella Magna Grecia le esperienze di governo da parte delle menti più brillanti è sempre finito a "schifio" - dal punto di vista mediatico e propagandistico, la trovata a pochi giorni dal voto, è stata sicuramente geniale. Anche nel modo in cui viene annunciata.

È di oggi la notizia - che anticipa di qualche ora l'elenco completo dei ministri che verrà diffuso nel pomeriggio - che il candidato 5 Stelle a diventare ministro dell'economia è un professore della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. Si chiama Andrea Roventini, ha 40 anni e vanta una lista di pubblicazioni anche in abbinamento a nomi importanti come il premio Nobel Stiglitz.

Ecco alcune delle sue ricette sui principali problemi economici che sta affrontando e dovrà affrontare l'Italia così come sono riportate nel blog del Movimento.


I commissari sono impensieriti dal deficit e più ancora dal debito pubblico, oltre il 130% del Pil. Il M5S promette di tagliarlo di 40 punti in dieci anni. Come?
Il rapporto debito/Pil deve certamente calare, principalmente attraverso la crescita e non surplus crescenti di bilancio. L’evidenza empirica dimostra che oggi i moltiplicatori fiscali sono maggiori di uno: va colta questa opportunità attraverso investimenti a sostegno dell’innovazione. Inoltre tassi d’inflazione superiori a quelli attuali e vicini al 2%, l’obiettivo perseguito dalla Bce, contribuiranno a ridurre il rapporto tra debito e Pil. Il parametro del 3% deficit/Pil è un feticcio che non trova nessuna giustificazione nella teoria macroeconomica. Va quindi rispettato, ma in maniera flessibile. Dialogheremo con gli altri Paesi per modificare il Fiscal Compact.

Ridurre il debito agendo sul denominatore è però una scommessa su una ripresa dell’economia italiana che non si vede da decenni. Ma anche su un piano di spending review da 30 miliardi annui. Non è irrealistico?
Il rapporto debito/Pil non è mai calato agendo solo sul numeratore. In Europa, abbiamo avuto esempi disastrosi, come Grecia e Finlandia. Studi teorici ed empirici dimostrano che le politiche di austerità sono auto-distruttive. Il debito va tenuto sotto controllo, ma è ora di rilanciare la crescita. In ogni caso si possono fare tagli mirati alla spesa realizzando il piano Cottarelli e tagliando agevolazioni fiscali improduttive.

Il MoVimento 5 Stelle propone reddito di cittadinanza e congelamento della legge Fornero con la quota 41. È sostenibile per i nostri conti?
Non miriamo a un’abolizione tout court della riforma Fornero ma a un suo superamento. A mio giudizio è sostenibile. In ogni caso, penso che dopo 40 anni un lavoratore abbia diritto ad andare in pensione. Il mio amico e collega Pasquale Tridico (candidato ministro del Lavoro, ndr) ha proposto un piano per finanziare il reddito di cittadinanza o meglio il reddito minimo condizionato.

Userebbe la leva delle privatizzazioni per ridurre il debito?
No, non mi sembra lo strumento adatto. In questi anni si è privatizzato troppo, svendendo imprese strategiche per il nostro Paese senza incidere sul rapporto debito/Pil. Ricordiamoci di Telecom Italia, un’eccellenza italiana distrutta dalle privatizzazioni e dai vari “capitani coraggiosi”.

Il MoVimento 5 Stelle promette riforma dell’Irpef e abolizione graduale dell’Irap, coperte anche da una revisione delle tax expenditures. Pure quella una ricetta complicata...
Proveremo ad attuarla noi. Inoltre, taglieremo i trasferimenti improduttivi alle imprese individuati nel rapporto Giavazzi. Come per la spending non capisco perché questo piano è stato messo nel cassetto. In ogni caso, una mia priorità assoluta sarà una riforma fiscale basata sull’equità. C'è troppa disuguaglianza in questo Paese, ed è dannosa per la crescita e la stabilità economica, come evidenziato anche dal Fmi.


Al di là delle simpatie e antipatie elettorali e degli appigli ideologici, ammesso che ancora esistano, è incredibilmente imbarazzante e certamente paradossale quello a cui stiamo assistendo: da una parte i 5 Stelle descritti come capre ignoranti e becere che con appeal istituzionale presentano un possibile governo fatto da giovani intellettuali capaci di esprimersi usando argomenti e non slogan, dall'altra il Partito Democratico di Renzi che urla, dileggia e offende chiedendo il voto non sui contenuti, ma solo perché gli altri, i "suoi" nemici, non devono vincere perché altrimenti gli soffierebbero la poltrona.

Secondo voi come andrà a finire?