Il momento decisivo della vita di Michał Sopoćko fu l’anno 1933, quando incontrò per la prima volta Faustina Kowalska. Anche se già molto prima di quest’incontro, era stato particolarmente colpito dalla verità sulla misericordia, non venne, però, stimolato fortemente ad intraprendere una possibile ricerca teologica. Quando diventò confessore e direttore spirituale di Kowalska, fu lui stesso a compiere il discernimento circa le visioni mistiche della suora. Il mistero di Dio misericordioso divenne l’idea-chiave della vita e della trattazione del teologo polacco: egli iniziò perciò la riflessione e la ricerca che lo condussero a conclusioni fondamentali sulla dottrina di Dio e sugli attributi[1] (proprietà) di Dio, nonché a riflessioni fondamentali dell’esistenza cristiana. Constatò che la misericordia occupava il posto centrale nella Sacra Scrittura; nella teologia sistematica, invece, il tema era trattato in modo poco comprensibile, ridotto a semplice sotto tema della giustizia[2], presentato come una delle proprietà di Dio ed essendo una verità, senza un marcato approfondimento. Vorrei iniziare con la citazione di un testo di Sopoćko, che mi sembra particolarmente significativo, per la descrizione della sua difficoltà di comprendere in pienezza la verità sulla misericordia. 

 «Ci voleva una semplice religiosa, suor Faustina Kowalska, della Congregazione della Beata Vergine Maria della Misericordia (Maddalene), la quale, guidata interiormente, mi parlò sulla misericordia. Brevemente e spesso ripeteva il concetto della misericordia, stimolandomi così ad esaminare, studiare  e a riflettere spesso su questa verità. All’inizio non sapevo bene di che cosa si trattasse; ascoltavo, dubitavo, mi ponevo delle domande, facevo delle ricerche e mi consigliavo con altri. Soltanto qualche anno più tardi capii l’importanza di quest’opera, l’immensità di quest’idea e mi sono convinto io stesso dell’efficacia di quell’antico, quanto grande e vivificante culto, ma trascurato da chi richiedeva ai tempi nostri un rinnovamento (...). La fiducia nella misericordia di Dio, il divulgare il culto della misericordia e consacrare ad esso, senza alcun limite, tutti i miei pensieri, parole ed opere, senza l’ombra del rischio di cercare solo me stesso, sarà d’ora in poi un principio fondamentale della mia vita, con l’aiuto della medesima misericordia incommensurabile»[3].

 Nel XX secolo il Nostro ha conosciuto due sistemi totalitari brutali, due guerre mondiali con 50-70 milioni di morti nella sola seconda. Tutto questo e molti altri eventi sono diventati per lui i “segni forti dei tempi”. In una delle lettere scritte da Sopoćko alle suore della congregazione da lui fondata, durante il periodo in cui si nascondeva nella foresta a Czarny Bór, evitando l’arresto della Gestapo (1942), leggiamo: 

 «Care sorelle in Cristo, è ormai la seconda settimana che, per volontà di Dio, sono in solitudine in seno alla natura, da cui, come da un libro vivo, leggo e glorifico l’infinita misericordia di Dio. Contemporaneamente percorro col pensiero il paese intero immerso nel lutto, mi unisco a tutti compatrioti sofferenti, dispersi in tutto il mondo e vedo in spirito come la misericordia del Signore scolpisca nelle loro anime le virtù eroiche necessarie all’espiazione e alla propiziazione, per implorare  e ringraziare di tutto l’inesprimibile bontà divina, per ottenere nuove grazie e meriti futuri, per poter già esaltare la misericordia di Dio in eterno»[4].

 Le parole del teologo “clandestino” rivelano la grande fiducia in Dio, l’impegno e il desiderio di meditare sull’infinita misericordia, ma anche la tristezza e la sofferenza per la guerra. Il livello di immensa fiducia, di contemplazione e di preghiera, però, rispecchia qualcosa di più. Il Nostro assume il ruolo del teologo, che avverte la necessità di diffondere la verità sulla misericordia di Dio e nello stesso tempo la preoccupazione per lo sviluppo di essa attraverso la eroicità delle persone dedicate alla vita religiosa. L’incoraggiamento e la speranza, racchiuse in queste parole, in quel tempo terribile della guerra e della paura davanti alla società oppressa dai nazisti, hanno un valore profetico, perché credono in una futura rinascita dell’idea della misericordia, dell’interesse di conoscere Dio misericordioso, servirlo e lodarlo, seguendo la volontà di Cristo. Anzi Sopoćko ne era fermamente convinto: 

«Ogni grande idea si esprime solitamente con parole brevi, che diventano la parola d’ordine dei loro propugnatori. Anche l’idea della misericordia di Dio dovrebbe averne una, con la quale si possano riconoscere i suoi adoratori, un motto per i suoi apostoli, con il quale salutarsi ogni volta s’incontrano  e nel quale si compendiano la profondità ed il programma dell’apostolato. Alla ricerca di tale parola d’ordine sono ricorso alla Sacra Scrittura, alla lettera di Dio per gli uomini - e vi ho trovato due espressioni molto adeguate e una di esse può essere da noi assunta come la parola d’ordine: La misericordia di Dio per coloro che operano misericordia - La misericordia di Dio per coloro che confidano in Lui. Tutte e due s’incontrano diverse volte nella Sacra Scrittura, letteralmente, oppure come un pensiero fondamentale delle pericopi più lunghe o più brevi. Mi sembra, perciò, che tutte e due siano adeguate, ma io propendo per la prima»[5]. 

 Tuttavia, le parole del Nostro nascondono un’altra, più profonda preoccupazione. Egli temeva di non riuscire ad annunciare all’umanità tutto ciò che sentiva di dover rendere pubblico attraverso le sue opere scritte e la predicazione. Infatti, spesso trovava impedimenti o addirittura veniva perseguitato con una evidente ostilità verso i suoi scritti già pubblicati o verso quelli in preparazione. Ciò minacciava di oscurare la vera luce che illuminava ed animava le sue profonde riflessioni ed ispirazioni, cioè la visione originale della Chiesa e della missione di ogni cristiano. In pericolo, dunque, era ciò che il Nostro considerava con molta fermezza il suo compito vitale: spianare le strade per una futura  e migliore conoscenza di Dio misericordioso. Le sue opere, gli articoli, il Diario, le lettere ed ogni scritto, in particolare, ne erano un degno monumento ed una convincente espressione. 

prof. sac. Gregorio - Grzegorz Stanislaw Lydek

 

[1] Proseguendo la ricerca nel presente capitolo, è necessario spiegare cosa s’intende per attributi di Dio.  Teniamo presente che «da una parte la mente umana, considerando le varie perfezioni delle creature, formula vari concetti che attribuisce a Dio analogicamente (Analogia) come per es. buono, giusto, onnipotente. D’altra parte la Rivelazione presenta molti nomi di Dio (il Creatore, il Santo, l’Eterno, ecc.). Per attributi intendiamo le proprietà attribuite a Dio nell’essere (attributi statici) e nell’operare (attributi dinamici). Tali attributi molteplici e diversi, a prima vista, si oppongono alla divina semplicità (questa voce) donde il dilemma: o gli attributi hanno un valore reale, ontologico, e allora Dio non è più semplice; o non hanno valore reale, e allora quasi tutta la Rivelazione e la Teologia sono un vano gioco di parole. Il problema consiste nel determinare la distinzione tra l’essenza e gli attributi e la distinzione tra gli attributi stessi. La distinzione si oppone all’identità e può essere reale o logica, secondo che due o più cose sono distinte per se stesse, ontologicamente (come per es. l’anima e il corpo o il corpo e una delle sue parti o la persona e le sue qualità); oppure due o più cose sono distinte solo nella nostra mente come concetti (per es. la stessa persona è considerata come medico, come artista e come cittadino. È realmente un solo soggetto, istinto logicamente in tre). La distinzione logica o di ragione può essere puramente tale come per es. quando indica la stessa persona con due nomi: Stanislao, Pietro; e allora si chiama rationis ratiocinantis. Ma essa, pur essendo logica, può avere un fondamento nella realtà ontologica e allora si dice rationis ratiocinatae; per es. tra il corpo vivente e la sua vita. In Dio, esclusa la distinzione reale (Semplicità), si vuole ammettere la distinzione logica con fondamento reale. Gli attributi divini sono logicamente distinti tra loro e dall’essenza, perché comportano concetti formalmente diversi, come giustizia e misericordia; ma non sono puri concetti, perché ad essi risponde una realtà vera, l’essenza infinita di Dio, che nella sua semplice attualità trascende il nostro intelletto finito e contiene in maniera eminente tutte le perfezioni significate da quegli attributi. Data la massima semplicità divina ogni attributo include gli altri»: voce: Trinità - relazione - nozioni in P. Parente - A. Piolanti - S. Garofalo (edd.), Dizionario di Teologia dogmatica, Studium, Roma 1957, pp. 123-125. 
[2] Sopoćko ha notato in san Tommaso d’Aquino che Dio non è vincolato alle regole di giustizia degli uomini. Dio è sovrano, è giusto rispetto a se stesso, essendo amore. Poiché Dio è amore, e in questo è fedele a se stesso, egli è anche misericordioso. La misericordia è fedeltà di Dio a se stesso ed espressione della sua assoluta sovranità nell’amore. La misericordia è la fedeltà di Dio alla sua infinita pazienza con gli uomini: cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego [Misericordia di Dio nelle Sue opere], vol. I, KMB, Białystok 2008, pp. 16-17.
[3] Dz., q. II, pp. 97-98 [traduzione nostra dall’originale polacco].
[4] M. Sopoćko, La vita religiosa, AZSJM, Myślibórz, 13. 03. 1942, p. 1.
[5] M. Sopoćko, Misericordia Dei confidentibus in Eum, lett. 3, AZSJM, Myślibórz 1942, p. 1.