Ad ottobre, il report provvisorio fornito da Istat sull'occupazione indica un'inversione di tendenza rispetto al mese scorso, con il dato congiunturale che segna un valore positivo (+9mila) determinato da un aumento tra i lavoratori dipendenti del numero di contratti permanenti (+37mila) ed una diminuzione di quelli a termine (-13mila) e degli indipendenti (-16mila).

Il tasso di occupazione congiunturale rimane invariato al 58,7%. In base all’età, calano gli occupati tra i 25 e i 49 anni mentre si registra una crescita modesta tra i 15-24enni e un aumento più consistente tra gli ultracinquantenni.

Aumenta la stima delle persone in cerca di occupazione (+2,4%, pari a +64 mila unità), con il tasso di disoccupazione che, di conseguenza, sale al 10,6% (+0,2 punti percentuali), con quello giovanile che aumenta lievemente e si attesta al 32,5% (+0,1 punti). Calano anche gli inattivi, con il tasso di inattività ch scende al 34,2% (-0,2 punti percentuali).


Nel trimestre, periodo agosto-ottobre 2018, l’occupazione risulta invece in calo rispetto al periodo precedente (-0,2%, pari a -40mila unità), con una diminuzione che interessa sia uomini che donne. Nello stesso periodo crescono i dipendenti a termine (+62mila) e calano sia i permanenti (-64mila) sia gli indipendenti (-38mila).

Nel trimestre al calo degli occupati si associa quello dei disoccupati (-2,5%, pari a -70mila), mentre risultano in aumento gli inattivi (+0,4%, +56 mila).


Il dato tendenziale, rispetto ad ottobre 2017, indica che l’occupazione cresce del +0,7%, pari a +159mila unità. L’espansione interessa uomini e donne e si concentra quasi esclusivamente sui lavoratori a termine (+296mila); sostanzialmente stabili gli indipendenti, mentre si registra un’ampia flessione dei dipendenti permanenti (-140mila). Al netto della componente demografica si stima comunque un segno positivo per l’occupazione in tutte le classi di età.

Nei dodici mesi, a fronte della crescita degli occupati si stima un calo dei disoccupati (-4,1%, pari a -118mila unità) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-1,1%, -143mila).


Il cosiddetto decreto dignità voluto dai 5 Stelle, tra i provvedimenti, limita le aziende nella possibilità di rinnovare il numero di contratti a tempo determinato per assumere i propri dipendenti. Quindi, le aziende se vogliono aumentare la propria forza lavoro sono costrette a ricorrere alle assunzioni con contratti "permanenti".

Va però ricordato che l'Istat distingue i contratti a tempo permanente da quelli a tempo indeterminato. Infatti, i dipendenti "permanenti", entro tre anni dalla data di assunzione, possono essere licenziati in qualsiasi momento. Solo dopo aver superato il traguardo di tre anni il loro contratto diventa a tempo indeterminato. E solo in quel caso, i licenziamenti devono essere giustificati in base all'articolo 18.