È di questi giorni la notizia che il Consiglio di Stato ha vietato per motivi di impatto ambientale l’installazione di un parco eolico sul Monte Amiata invalidando l’autorizzazione già rilasciata.
In Liguria è in corso un dibattito intenso per la realizzazione di diversi (17) progetti di parchi eolici sui quali la Regione ha già espresso il parere negativo con un generico invito a cercare delle alternative. È attesa la decisione dei Comuni che sicuramente sarà allineata oltre ad essere più sensibile al consenso locale.
In questo contesto è difficile pensare ad un possibile percorso autorizzativo per l’eolico off shore dove l’ambiente interessato è quello delle nostre coste da proteggere anche per il business turistico ad esse collegato.
L’alternativa all’eolico è i fotovoltaico che per produrre l’energia equivalente a una pala da 3 MW richiede 25 - 30.000 metri quadri di superfice ben esposta al sole, reperibili normalmente a terra ma vietati per l’uso del suolo. Il mini fotovoltaico da 4-5-Kw è destinato a raggiungere la saturazione e i numeri pubblicati da Terna gia’confermano un trend decrescente negli ultimi 3 mesi.
L’idraulica è a crescita zero e vi resterà perché’il solo pensiero di trasformare in un lago una valle di montagna magari abbandonata da anni al degrado totale crea anticorpi di ogni genere.
In questa situazione di rifiuto di vento, sole e acqua che rappresentano il vero “green“ per la generazione di energia rimane per esclusione il nucleare che qualche problema ambientale lo crea.
Una centrale nucleare indipendentemente dalla taglia avrà sempre bisogno di:
- un edificio di grandi dimensioni che faccia da involucro di sicurezza e contenimento di tutta l’impiantistica
- un sistema di raffreddamento (il 70 % dell’energia prodotta viene rilasciata in “calore“ verso l’ambiente) realizzato o in vicinanza della costa con opere di presa e scarico dell’acqua in mare o nell’entroterra con torri ad aria di grande impatto visivo per la dimensione e per l’emissione continua di vapore.
- il vincolo di aree circostanti al non uso né agricolo, né abitativo perché da destinare al monitoraggio radioattivo
Se poi aggiungiamo le argomentazioni classiche sul rischio esplosivo e la produzione delle scorie appare chiaro che le motivazioni antagoniste sono ben più gravi di quelle generate da un parco eolico e quindi le probabilità di ottenere le autorizzazioni essenziali per iniziare i lavori e per finirli sono bassissime.
I lunghi tempi di realizzazione introducono l’ulteriore possibilità di cambiare idea in corso d’opera per altro già attuata in occasione del primo referendum dove si arrivò a cancellare tutti i progetti in corso e allo spegnimento di una centrale nuova funzionante ( Caorso ).
Oggi non si vede ma probabilmente nel futuro di medio periodo ci sarà un incremento della domanda di energie elettrica nelle movimentazioni di persone e merci, nei trattamenti aria per riscaldamento e raffrescamento e nella produzione di calore dei processi industriali.
Le attuali rinnovabili installate non possono crescere perché sono già utilizzate al massimo della loro capacità produttiva, quelle nuove aggiuntive tardano a venire avanti quindi la maggior domanda dovrà essere soddisfatta dalla crescita della produzione delle centrali termiche.
La conclusione di questo articolo è che siamo di fronte ad una scelta tra fare qualche danno all’ambiente di tipo paesaggistico cioè soggettivo e marginale o mantenere l’attuale danno sistematico derivante dalla combustione di gas, biomasse e carbone che ogni giorno, per la sola generazione dell’energia elettrica,produce circa 300.000 tonnellate di anidride carbonica più altri inquinanti tipo metano, ossidi di azoto e polveri con crescenti conseguenze negative sul clima e sulla salute.
Certamente essere contrari a tutto vuol dire non fare niente e quindi conservare o aumentare il danno esistente.