"Questa mattina, su proposta del Promotore di Giustizia, il Giudice Istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha emesso un mandato di cattura a carico di Mons. Carlo Alberto Capella. Il provvedimento è stato eseguito dalla Gendarmeria Vaticana.

L’imputato è detenuto in una cella della caserma del Corpo della Gendarmeria, a disposizione dell’autorità giudiziaria. L’arresto giunge al termine di un’indagine del Promotore di Giustizia.

Il Giudice Istruttore ha ordinato il provvedimento sulla base dell’articolo 10, commi 3 e 5, della legge VIII del 2013."

Quella sopra riportata è la nota pubblicata sabato dalla sala stampa vaticana che dà notizia dell'arresto di mons. Capella in seguito ad una segnalazione del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e ad una precedente inchiesta e relativo ordine di arresto delle autorità canadesi, dove il sacerdote aveva soggiornato.

Capella aveva prestato la propria missione presso la Segreteria di Stato fino al 2015, prima di essere inviato, come secondo segretario, alla Nunziatura Apostolica a Washington. L'inchiesta vaticana ha fatto seguito alle segnalazioni provenienti dal nord America.

Una notizia che ha destabilizzato l'anticlericalismo militante che cerca di disegnare Papa Francesco come un "manovratore" ipocrita che, mentre in pubblico parla di rinnovamento e pulizia all'interno della Chiesa, di nascosto farebbe l'esatto contrario.

Quanto accaduto ieri è la dimostrazione che così non è. La santa sede, con tale gesto, ha dimostrato che quanto colpevolmente fatto in passato dalla Chiesa, adesso non è più possibile. La pedofilia è anche un reato e, come tale, chi lo commette verrà perseguito e non potrà avere rifugio neppure all'interno delle mura vaticane.