Papa Francesco nel suo viaggio in Cile, mercoledì si è occupato dei diritti dei popoli autoctoni. Arrivato all’aeroporto La Auracanìa di Temuco alle 9.30 ora locale, si è successivamente trasferito all’aerodromo di Maquehue, dove prima ha salutato i fedeli e ha poi celebrato la messa.

E nell'Omelia, Francesco ha ricordato che nel luogo dove si stava celebrando la messa "si sono verificate gravi violazioni di diritti umani", offrendo la celebrazione per "tutti coloro che hanno sofferto e sono morti e per quelli che, ogni giorno, portano sulle spalle il peso di tante ingiustizie", richiamando i presenti ad un minuto di silenzio.

Questa giornata, il Papa l'ha dedicata al popolo Mapuche, vittima di prevaricazioni, ingiustizie e persecuzioni, così come gli altri popoli indigeni che vivono in Cile: Rapanui (Isola di Pasqua), Aymara, Quechua e Atacama e molti altri.

"Questa terra, se la guardiamo con gli occhi dei turisti, ci lascerà estasiati – queste le parole di Francesco – però, dopo continueremo la nostra strada come prima; se invece ci avviciniamo al suolo lo sentiremo cantare: Arauco ha un dolore che non posso tacere, sono ingiustizie di secoli che tutti vedono commettere."

Francesco ha poi voluto indicare in un passo del Vangelo di Giovanni la via per la pacificazione: "In un’ora cruciale della sua vita [Gesù] si ferma a chiedere l'unità. Il suo cuore sa che una delle peggiori minacce che colpisce e colpirà il suo popolo e tutta l’umanità sarà la divisione e lo scontro, la sopraffazione degli uni sugli altri. Quante lacrime versate!
Oggi vogliamo fare nostra questa preghiera di Gesù, vogliamo entrare con lui in questo orto di dolore, anche con i nostri dolori, per chiedere al Padre con Gesù: che anche noi siamo una cosa sola.

Non permettere che ci vinca lo scontro o la divisione. Questa unità, implorata da Gesù, è un dono che va chiesto con insistenza per il bene della nostra terra e dei suoi figli."

E pur essendo in Cile, Francesco si è occupato anche dei diritti di un altro popolo distante da quella terra migliaia di chilometri, il popolo palestinese.

Mercoledì si è svolta al Cairo la "Conferenza internazionale a sostegno di Gerusalemme" organizzata da al-Azhar. Invitato, non potendovi partecipare a causa del suo viaggio apostolico in AMerica del Sud, il Papa ha inviato un messaggio al Grande Imam di al-Azhar, Ahmad Al Tayyib, consegnato da Bruno Musarò, nunzio apostolico in Egitto, e letto in arabo ai partecipanti da mons. Yoannis Gaid, segretario personale del Papa.

Nel suo messaggio il Papa ha ribadito che la Santa Sede "non cesserà di richiamare con urgenza la necessità di una ripresa del dialogo tra israeliani e palestinesi per una soluzione negoziata, finalizzata alla pacifica coesistenza di due Stati all’interno dei confini tra loro concordati e internazionalmente riconosciuti, nel pieno rispetto della natura peculiare di Gerusalemme, il cui significato va oltre ogni considerazione circa le questioni territoriali.

Fin d’ora - ha proseguito il Papa - assicuro che non mancherò di continuare a invocare Dio per la causa della pace, di una pace vera, reale.

In particolare, elevo accorate preghiere affinché i responsabili delle Nazioni, le autorità civili e religiose ovunque si impegnino a scongiurare nuove spirali di tensioni e a sostenere ogni sforzo per far prevalere la concordia, la giustizia e la sicurezza per le popolazioni di quella Terra benedetta che tanto ho a cuore.

Solo uno speciale statuto, anch’esso internazionalmente garantito, potrà preservare l’identità, la vocazione unica di luogo di pace alla quale richiamano i Luoghi sacri, e il suo valore universale, permettendo un futuro di riconciliazione e di speranza per l’intera regione.

È questa la sola aspirazione di chi si professa autenticamente credente e non si stanca di implorare con la preghiera un avvenire di fraternità per tutti."