Molti di noi conoscono (chi più chi meno) quali siano le principali cause dei problemi ambientali. Eppure c’è ancora tanta ignoranza su quella che ad oggi appare essere, secondo gli studiosi, la minaccia più grande. Sul sito internet delle Nazioni Unite è pubblicata questa nota:

L’allevamento di animali produce più gas a effetto serra [...] del settore dei trasporti [...] ed è, ad oggi,  tra i più grandi responsabili dei problemi ambientali.’

Di fatto, mentre le auto sarebbero responsabili della produzione di 62 tonnellate al giorno di ammoniaca, gli escrementi del bestiame (o più precisamente, i batteri che aggrediscono gli escrementi trasformandoli) potrebbero emetterne tra 33 (la metà) e 176 tonnellate (quasi il triplo). Dall'ammoniaca, si formano poi particelle più piccole e volatili, come il nitrato di ammonio, che fa parte della famiglia dei nitrati, tra i peggiori componenti dello smog, appunto.

Però, man mano che le ricerche si susseguono, gli scienziati scoprono le reali dimensioni dei fenomeni che il grande pubblico ignora, ma che ai chimici sono ben noti.

Dalla fermentazione nei processi digestivi deriva anche il metano, che è un gas capace di aumentare drasticamente l'effetto serra contribuendo a surriscaldare il pianeta e che è prodotto in gran quantità dalla digestione degli animali, soprattutto i ruminanti.

Oltre al surriscaldamento c’è anche il problema della deforestazione, specialmente in america latina dove, per esempio, un 70% delle vecchie foreste amazzoniche sono state trasformate in pascoli.

Secondo reports di Onu e Fao, il 30% della superficie terrestre è sfruttato per il pascolo, ma include anche il 33% della superficie arabile usata per la produzione di nutrimento per le bestie d’allevamento.

Allo stesso tempo, le mandrie sono la causa della degradazione della terra, con il circa 20% del terreno considerato in degrado come conseguenza del sovrapascolo, compattazione ed erosione. Queste cifre sono addirittura più alte nelle terre aride dove le norme e l’inadeguata amministrazione per l’allevamento, contribuiscono al propagarsi della desertificazione.

Il business correlato alla zootecnica è oltretutto uno settori più pericolosi per l’accrescimento della scarsità delle risorse d’acqua potabile, contribuendo tra altri fattori, al suo inquinamento attraverso rifiuti animali, antibiotici e ormoni, prodotti chimici di concime, fertilizzanti e pesticidi.

Per produrre un chilogrammo di carne di manzo sono necessari 15 mila litri d’acqua, contro i 500-2000 litri richiesti per la stessa quantità di vegetali. Così, un terzo delle risorse idriche mondiali viene utilizzato per l'allevamento, e il 70% della produzione globale di cereali finisce nelle mangiatoie degli animali da macello, sottraendo cibo e risorse alle popolazioni umane povere.

Durante il COP21 di Parigi, la Conferenza delle parti sul clima, Annamaria Procacci per l'Enpa-Ente nazionale protezione animali di cui è consigliere nazionale, aggiunge: ‘Riscaldamento globale, deforestazione e vari tipi di inquinamento conducono a un massacro della biodiversità, siamo ormai alla sesta estinzione di massa della Storia, la più grave di tutte, prodotta dalle attività di una sola specie.’

Con l’avanzare dell’industrializzazione, la popolazione globale consuma sempre più carne e latticini ogni anno. E se nel 1970 si riteneva che gli animali allevati per l'alimentazione umana fossero 9 miliardi, ora si parla di 26,7, per un consumo di carne pro capite pressoché raddoppiato in 40 anni.

La Fao prevede che la domanda di carne nel mondo è destinata a crescere, andando dai 279 milioni di tonnellate nel 1999/2001 fino a toccare i 465 milioni l'anno entro il 2050. Questo comporterà un ulteriore incremento dei sistemi di allevamento intensivo su vasta scala, con uno spaventoso impatto sull'ambiente.

Un mondo di vegetariani e vegani sarebbe un mondo meno inquinato’. Far scendere la richiesta di carne, burro, formaggi e latte diminuirebbe anche il numero di allevamenti, contribuendo così a un’emissione sostenibile dei gas rappresentanti una minaccia per l’ambiente, e alla preservazione delle risorse naturali di prima necessità come l’acqua, per non parlare dell’ossigeno prodotto per mezzo della fotosintesi degli alberi della foresta amazzonica.

L’apocalisse” sembra essere così ben delineata, un’azione collettiva urge per incentivare una condotta alimentare priva o a ridotto consumo di carne e alimenti derivati.

Per chi ha a cuore le sorti del pianeta, condurre una dieta privilegiando i vegetali, non è più un’opzione ma un dovere morale.