Esteri

Mons. Enrico Feroci a Gerusalemme con un gruppo di pellegrini “Mentre celebravo la santa messa per implorare la pace sopra di noi sfrecciavano gli aerei che portavano morte”

Il parroco di santa Maria del Divino Amore è stato in Terra Santa dal 5 ottobre con un gruppo di 47 persone tramite l’opera romana pellegrinaggi.

Come state? Come vi è sembrata la situazione in Terra Santa?

Eravamo 47 persone. Siamo arrivati in Terra Santa il 5 ottobre e ci siamo diretti verso la Galilea per raggiungere Nazareth. Il viaggio di trasferimento da Tel Aviv a Nazareth è stato molto lungo perché c’era tantissimo traffico, che noi abbiamo attribuito alle festività. Il giorno dopo ci siamo immersi nel programma come da manuale: Tabor, Cana, Basilica dell’Annunciazione, poi il lago di Tiberiade, Cafarnao, il Monte delle Beatitudini. Dall’Italia ci sono arrivate le prime telefonate preoccupate per gli avvenimenti di Gaza. Noi, non avendo giornali né televisioni ed impegnati nelle visite ai luoghi santi non avevamo percepito nulla di quanto stava accadendo. E il nostro “non sapere” si è protratto ancora anche quando, scendendo per la valle del Giordano abbiamo attraversato Gerico e ci siamo diretti a Betlemme. Anche lì, oltre la chiusura dei negozi, che imputavamo alla domenica, non abbiamo avvertito tensione.

L’Opera Romana Pellegrinaggi, che ci ha seguito e supportato in maniera egregia, ci ha poi trasferiti a Gerusalemme per evitare difficoltà nel caso dovessero chiudere i varchi di accesso alla zona palestinese. Durante la visita nella città vecchia di Gerusalemme abbiamo sentito le sirene dell’allarme aereo, ma non ha creato panico. Anche i pochi negozianti che avevano aperto, non hanno dato segni di apprensione. Questo atteggiamento ci ha permesso alleggerire la problematica con le persone del gruppo. Inoltre, dopo che abbiamo visitato e abbiamo pregato nel santo Sepolcro, ci è stato chiesto di rimanere in albergo. Abbiamo saputo successivamente che le compagnie aeree avevano cancellato i voli e a quel punto ci siamo rimessi nelle mani di coloro che a Roma stavano lavorando per il nostro rientro, che è avvenuto, con un volo speciale il giorno 11.

 

C’è stato un momento in cui avete avuto paura o avete percepito qualcosa?

Un po’ di apprensione l’abbiamo avuta quando, in aeroporto gli altoparlanti ci hanno fatto allocare lontano dalle vetrate per il pericolo di rottura dovuto all’onda d’urto di ordigni che esplodevano non molto lontano. Volo tranquillo che ci ha portato a Verona e poi da lì in bus siamo rientrati a Roma.

Cosa sottolineare? Abbiamo avuto la sensazione di vivere in una bolla incapaci di renderci conto della gravità della situazione. Da lontano i nostri cari erano molto preoccupati, noi al contrario, pur vicino alla guerra non ne abbiamo sentito l’asprezza e i dolori. Solo una volta, mentre si celebrava la S.Messa con l’intenzione di chiedere la pace, sopra di noi sono sfrecciati gli aerei che portavano morte. In quel momento il nostro cuore si è appesantito e il nostro pensiero è andato ai tanti innocenti che avrebbero subito dolori sofferenze e morte.

 

Secondo lei perché questa guerra in Terra Santa?

Perché la guerra? Pochi giorni prima di lasciare la Terra Santa siamo stati in un sito antico, Beth Shean. Il plastico all’ingresso ci ha mostrato la bellezza di quella città antica, con le vie costellate di grandiosi colonnati, le terme, il teatro, il circo, il tempio dominante sulla collina. Oggi cos’è? Un mucchio di rovine.  È venuto quasi spontaneo il pensiero: perché tanta sofferenza, tanta morte? Vale la pena per un pezzo di terra in più, più potere, più ricchezza? Così, forse pensavano anche gli abitanti di Beth Shean!

Autore Christian Today Italia
Categoria Esteri
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