Zohran Mamdani, 33 anni, socialista democratico e attivista di base, ha vinto le primarie dem per la carica di sindaco di New York, battendo l'ex governatore Andrew Cuomo, simbolo dell'establishment del partito, oltre ad altri nove candidati. Il risultato non è solo una vittoria personale: è un segnale forte e chiaro di un cambiamento profondo, forse irreversibile, nella politica americana.

Mamdani ha lanciato la sua campagna lo scorso ottobre, da semplice membro dell'Assemblea statale del Queens. Nessuna grande macchina elettorale alle spalle, ma un programma chiaro e radicale: affitti congelati, autobus gratuiti, assistenza all'infanzia a costo zero, più tasse per i ricchi. E un linguaggio senza compromessi: Gaza? Genocidio. Netanyahu? Un criminale. Il suo profilo – musulmano, figlio di immigrati ugandesi di origine indiana, dichiaratamente pro-Palestina e pro-LGBTQ – sarebbe bastato, secondo Trump e soci, per farne un bersaglio perfetto. E invece è proprio con questo profilo che ha vinto.

Con il 93% delle schede scrutinate, Mamdani ha conquistato il 44% dei voti, distanziando Cuomo (fermo al 36%) già al primo turno. Una batosta per l'ex governatore, travolto anni fa dalle accuse di molestie ma comunque sostenuto da enormi finanziamenti e da endorsement di peso: dai Clinton a Bloomberg, passando per buona parte della vecchia guardia democratica.

Mamdani ha fatto esattamente il contrario: niente super PAC, solo piccole donazioni dalla base. Ha percorso Manhattan a piedi, selfie dopo selfie, parlando con i cittadini uno a uno. Ha costruito la sua campagna sui social, con video diretti, ironici, ma sempre densi di contenuti. In uno dei più celebri si è tuffato nell'Atlantico per promuovere la sua proposta di "congelare" gli affitti. TikTok nella forma, ma con la sostanza di chi parla sul serio di casa, sanità, immigrazione e violenza della polizia.

L'alleanza con Brad Lander, altro volto della sinistra newyorkese, ha rafforzato la sua posizione. I due si sono sostenuti a vicenda, anche pubblicamente – come durante l'apparizione al Late Show di Stephen Colbert – dove hanno mostrato come un musulmano e un ebreo possano unirsi contro l'estremismo israeliano e a favore della giustizia per i palestinesi.

Il parallelo con Alexandria Ocasio-Cortez è inevitabile. Come lei, anche Mamdani ha strappato la vittoria partendo dal nulla, armato solo di idee chiare e organizzazione capillare. Entrambi appartengono ai Democratici Socialisti d'America, entrambi sono riusciti a mobilitare una base giovane, eterogenea, esasperata dall'inazione dell'establishment. La loro forza sta nel legame con quartieri popolari: Bronx per AOC, Queens per Mamdani.

Non è un caso che Mamdani sia diventato cittadino statunitense solo nel 2018 – lo stesso anno in cui AOC fece il suo exploit. Il suo cammino politico riflette la trasformazione di una città (e forse di un Paese) che sta finalmente guardando oltre la facciata del potere tradizionale.

Nel discorso post-vittoria, Mamdani ha detto chiaro e tondo: «La nostra democrazia non è sotto attacco solo da un'autorità autoritaria a Washington, ma anche da una fiducia avvizzita nella sua capacità di risolvere le crisi reali». È questo il cuore della sua battaglia: restituire alla politica la capacità di incidere, non solo di gestire.

Mamdani ha convinto un partito stanco e diviso che è ancora possibile cambiare le cose. Lo ha fatto senza compromessi, senza censurarsi, senza vendersi. Ha vinto contro tutto ciò che rappresenta la vecchia politica. E ora, la strada verso il municipio di New York è praticamente spianata.

La sinistra americana ha un nuovo volto, e stavolta non è solo simbolico. E che sia un volto importante lo dimostrano le offese del nazista di Washington...