Caos politico e scontro istituzionale negli Stati Uniti. Giovedì scorso, durante una conferenza stampa a Los Angeles, il senatore democratico Alex Padilla è stato spintonato, atterrato e ammanettato dagli agenti di sicurezza dopo aver tentato di porre una domanda al segretario per la Sicurezza interna, Kristi Noem, durante un intervento sui raid anti-immigrazione promossi dall'amministrazione Trump.

Padilla, 52 anni, rappresentante della California — stato epicentro delle proteste contro le misure migratorie — si è presentato alla conferenza stampa dichiarando: «Sono il senatore Alex Padilla. Ho delle domande per il segretario». Subito dopo, gli agenti di sicurezza lo hanno circondato. Un video, diffuso dallo stesso Padilla, documenta il momento in cui tre agenti lo immobilizzano a terra e lo ammanettano. 

Secondo il Dipartimento della Sicurezza Interna, Padilla avrebbe inscenato un «teatro politico irrispettoso» e, in assenza del distintivo ufficiale che i senatori portano al Campidoglio, gli agenti avrebbero agito scambiandolo per un possibile aggressore. Il senatore è stato comunque rilasciato poco dopo. In una dichiarazione successiva, Padilla ha dichiarato: «Se questo è il modo in cui trattano un senatore, potete immaginare cosa stanno facendo ai braccianti, ai cuochi, agli agricoltori in tutto il Paese».

La vicenda si inserisce in un clima di crescente repressione verso i dissidenti politici che criticano la linea dura sull'immigrazione di Trump. A Los Angeles, la Casa Bianca ha già dispiegato la Guardia Nazionale e i Marines, ufficialmente per proteggere gli edifici federali e i funzionari dell'Immigration and Customs Enforcement (ICE). Ma non è l'unico episodio.

Pochi giorni fa il sindaco democratico di Newark, Ras Baraka, è stato arrestato e incriminato per violazione di domicilio durante una visita a un centro immigrazione privato, mentre la deputata democratica LaMonica McIver è stata accusata di aggressione e resistenza. Anche un giudice del Wisconsin è finito sotto accusa per aver tentato di ostacolare l'arresto di un immigrato.

Il presidente Trump, nel frattempo, non ha nascosto le sue intenzioni, dichiarando di essere favorevole all'arresto del governatore democratico della California, Gavin Newsom, reo di aver denunciato l'invio di Guardia Nazionale e Marines come un abuso di potere.

Le reazioni politiche sono state immediate. Il leader democratico del Senato Chuck Schumer ha denunciato un «odore di totalitarismo», mentre il senatore Cory Booker ha parlato di «prassi sistematica» da parte dell'amministrazione. Anche la senatrice Patty Murray ha espresso indignazione: «Non posso credere che non ci siano senatori di entrambi i partiti a definire questo scandalo per quello che è».

Sul fronte repubblicano, la maggior parte ha attaccato Padilla. Il senatore John Barrasso ha dichiarato che Padilla «avrebbe dovuto essere a Washington a votare, non a dare spettacolo». Più critica invece la repubblicana Lisa Murkowski, che ha definito il trattamento riservato al collega «sbagliato e disgustoso».

Il caso Padilla è l'ennesimo segnale di una deriva autoritaria dell'amministrazione Trump che sta trasformando le tensioni politiche in scontro fisico aperto. E se l'arresto di un senatore diventa la nuova normalità, c'è poco da stupirsi se negli Stati Uniti inizia a serpeggiare la parola che finora molti si erano rifiutati di pronunciare: repressione.