In occasione della giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la 52esima per la precisione, il Papa ha inviato un messaggio parlando di fake news ed introducendo l'argomento in questi termini.

L’essere umano è immagine del Creatore e per tale motivo è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello, anche raccontando la propria esperienza e il mondo e costruendo così la memoria e la comprensione degli eventi.

O almeno questo accade quanto l'uomo si comporta secondo le "regole". Però, nel momento in cui finisce per seguire "il proprio orgoglioso egoismo", allora finisce che "può fare un uso distorto anche della facoltà di comunicare, come mostrano fin dall’inizio gli episodi biblici di Caino e Abele e della Torre di Babele".

E l'uso distorto della facoltà di comunicare è il "sintomo" dell’alterazione della verità. Ed allora il Papa ha indicato nel suo messaggio per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali che cosa siano le fake news, come riconoscerle e come difendersi. Insomma... un Bergoglio quasi in perfetto stile Laura Boldrini, anche se il punto di vista del Papa non poteva non risentire del suo bagaglio culturale. Vediamo come.

Le fake news - parole del Papa - sono "informazioni infondate, basate su dati inesistenti o distorti e mirate a ingannare e persino a manipolare il lettore. La loro diffusione può rispondere a obiettivi voluti, influenzare le scelte politiche e favorire ricavi economici."

Nulla da obiettare, neppure in relazione alla loro efficacia e alla loro finalità: "L’esito di questa logica della disinformazione è che, anziché avere un sano confronto con altre fonti di informazione, la qual cosa potrebbe mettere positivamente in discussione i pregiudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischia di diventare involontari attori nel diffondere opinioni faziose e infondate. Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi, la falsità."

Sul modo in cui possono esser riconosciute, Bergoglio spiega innanzitutto come contestualizzarle, facendo riferimento al serpente della Genesi che, oltre ad esser tirato in ballo come simbolo del bene e del male, adesso è diventato anche l'immagine delle fake news, grazie alla "sua strisciante e pericolosa seduzione che si fa strada nel cuore dell’uomo con argomentazioni false e allettanti".

Le fake news hanno motivazioni economiche e opportunistiche alimentate dalla "sete di potere, avere e godere"... Insomma, costituiscono delle "tentazioni" a cui non possiamo resistere a causa della nostra "bramosia" che contribuisce a diffonderle... come un virus.

Un virus le cui conseguenze sono spiegate da Bergoglio con un passaggio preso a prestito da I fratelli Karamazov di Dostoevskij: «Chi mente a sé stesso e ascolta le proprie menzogne arriva al punto di non poter più distinguere la verità, né dentro di sé, né intorno a sé, e così comincia a non avere più stima né di sé stesso, né degli altri. Poi, siccome non ha più stima di nessuno, cessa anche di amare, e allora, in mancanza di amore, per sentirsi occupato e per distrarsi si abbandona alle passioni e ai piaceri volgari, e per colpa dei suoi vizi diventa come una bestia; e tutto questo deriva dal continuo mentire, agli altri e a sé stesso.»

E chiarito il contesto delle fake news, ecco come fare a riconoscerle: «Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati. Se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua.»

E chi ha il compito di informare deve "guardare all’accuratezza delle fonti e alla custodia della comunicazione come veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace."

Quindi, è necessario "promuovere un giornalismo di pace... non che neghi l’esistenza di problemi gravi e assuma toni sdolcinati... un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale."

Naturalmente, tali dichiarazioni saranno prese a prestito da giornali e politici, entrambi ugualmente responsabili nel diffondere false notizie, che professeranno la loro buona fede e giureranno di aver sempre operato correttamente, incolpando concorrenti e avversari come causa del problema... ed invocando le parole del Papa a testimonianza della loro correttezza!