Tra i "beni" lasciati in eredità dal precedente governo, vi è anche il ritardo dei tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione!

Lo dice la Cgia che ci informa che, dopo alcuni anni di progressiva diminuzione, dallo scorso mese di gennaio ad oggi i tempi di pagamento si sono allungati... di nuovo!

Se nel 2017 le somme dovute benivano saldate veniva dopo 95 giorni dall’emissione della fattura - nonostante la normativa europea ne indichi 30, che possono salire a 60 per alcune tipologie di forniture, come quelle sanitarie – nel 2018 la media è salita a 104 giorni.

Il raffronto con l'Europa è devastante, poiché nessun'altra Pubblica amministrazione (Pa) in Ue salda i debiti con tempi così lunghi. Rispetto alla media europea, in Italia i ritardi sono superiori di 63 giorni.

«Siamo maglia nera in Ue e nonostante le promesse fatte in questi ultimi anni – dichiara Paolo Zabeo coordinatore dell’Ufficio studi – gli enti pubblici continuano a liquidare i propri fornitori con ritardi inammissibili, mettendo in seria difficoltà soprattutto le imprese di piccola dimensione che, da sempre, sono sottocapitalizzate e a corto di liquidità. E sebbene da almeno 3 anni chi lavora per il pubblico ha l’obbligo di emettere la fattura elettronica, ancora adesso il sistema informatico messo a punto dal ministero dell’Economia non è in grado di stabilire a quanto ammonta
complessivamente il debito commerciale della nostra Pa; una situazione surreale!»

Ma il surreale avrà pure delle conseguenze pratiche. Infatti, a seguito di questa situazione nel dicembre 2017 la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione a causa del sistematico mancato rispetto delle disposizioni europee contro i ritardi di pagamento.


Ma la maggioranza di governo che è stata sconfitta alle ultime elezioni non era formata da gente responsabile, supportata da mercati e governi dei paesi occidentali più avanzati?

Secondo gli ultimi dati riportati dalla Banca d’Italia nella Relazione annuale 2017 (pag. 154-155), lo stock di debiti commerciali in capo all’Amministrazione pubblica italiana sarebbe sceso da 64 a 57 miliardi di euro. E in attesa che il ministero dell’Economia riesca a dimensionarli con esattezza, si stima, al netto della quota riconducibile ai ritardi fisiologici (ovvero entro i 30/60 giorni come previsto dalla legge), che le imprese fornitrici vanterebbero circa 30 miliardi di crediti dalla Pa.


Ma c'è di più, come ci spiega la Cgia, prendendo in esame lo split payment, introdotto nel 2015, che obbliga le amministrazioni centrali dello Stato (e dal 1° luglio 2017 anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l’Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all’erario.

È una misura anti evasione. Ma qual è il risultato pratico che ha prodotto? Lo spiega il segretario della CGIA Renato Mason: «La nostra Pa non solo paga con un ritardo inaudito e quando lo fa non versa più l’Iva al proprio fornitore.

Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell’Iva che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti correnti.

Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese in atto in questi ultimi anni, ha
peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime piccole aziende.»


Ma in quanto tempo, in Europa, la Pa paga i propri fornitori? In Spagna e in Francia ci vogliono rispettivamente 56 e 55 giorni. In Germania, invece, il dato è salito a 33 giorni, mentre nel Regno Unito si è attestato a 26.