Il piano di pace unilaterale, grottescamente annunciato come accordo del secolo, che l'amministrazione Trump starebbe per annunciare per porre fine all'occupazione israeliana dei territori palestinesi è anticipato da un piano di pressioni internazionali sull'Autorità Palestinese.
Pressioni indirette fatte rivolgendosi ai Paesi arabi - con Egitto, Giordania e Paesi del Golfo, che avrebbero già dato la loro disponibilità - affinché accettino il piano che Trump ha concordato con Israele che prevederebbe la capitale di uno Stato di Palestina ad Abu Dis, nessuna autorità sulla Valle del Giordano ed il mancato controllo dei confini e dello spazio aereo da parte dei palestinesi... con buona pace per la loro autodeterminazione.
E pressioni dirette, effettuate facendo ricorso alla leva dei finanziamenti da destinare ai palestinesi. il Congresso degli Stati Uniti, nei giorni scorsi, ha ridotto gli aiuti in denaro che ogni anno gira all’Anp. L’Australia ha fatto altrettanto... ma non solo.
Il 3 luglio, il Parlamento israeliano ha approvato, con 87 voti a favore e 15 contrari, una legge che riduce la quota delle tasse dei palestinesi che Tel Aviv raccoglie per conto dell’Autorità Nazionale Palestinese – come previsto dal Protocollo di Parigi del 1995 - e che "dovrebbe" girare in toto alla stessa ANP.
Ma il "democratico" parlamento israeliano martedì ha deciso che si terrà una parte del denaro dei palestinesi, corrispondente a quello destinato dall'ANP a pagare delle somme di denaro alle famiglie che hanno familiari detenuti nelle prigioni israeliane oppure uccisi dalle forze di sicurezza di Tel Aviv.
L’Autorità Palestinese, ogni anno, paga circa 200 milioni di dollari alle famiglie degli uccisi e 160 a quelle dei detenuti politici incarcerati da Israele. 360 milioni di dollari, ad oggi circa il 7% dei 5 miliardi delle tasse pagate dai palestinesi, che d'ora in avanti saranno trattenuti, ma si potrebbe anche dire rubati, da Israele.
Il motivo? Per Israele, il denaro alle famiglie dei prigionieri politici e delle persone uccise dall'IDF è considerato un finanziamento ai terroristi.
Da parte loro, le istituzioni palestinesi, in risposta all'ennesima provocazione da parte di Israele, starebbero valutando la possibilità di ridefinire le relazioni con lo stato ebraico, anche in materia di sicurezza, consegnando a Tel Aviv la responsabilità dei territori occupati. Senza più il cuscinetto di una rappresentanza palestinese, i territori occupati diventerebbero una polveriera.