Se qualcuno fosse curioso di sapere perché mai i renziani siano stati così insistenti nel chiedere ed ottenere dal becchino del PD che la direzione del partito fosse rinviata da sabato 28 aprile a giovedì 3 maggio, la risposta non può che essere una, ed una sola: hanno eseguito l’ordine ricevuto.

Da giorni infatti, nella scaletta di domenica 29 aprile di “Che tempo che fa”, il giullare Fabio Fazio aveva già inserita in prima serata l’intervista con Matteo Renzi.

Se il giorno prima, cioè sabato 28, si fosse svolta la direzione del partito Renzi non avrebbe potuto realizzare in Tv il suo coup de théâtre.

Perché mai, però, per l’ex segretario PD era così importante che il suo show televisivo andasse in onda prima della direzione del partito ?

Innanzitutto perché, anticipando in TV il suo no al M5S avrebbe mandato a tutti i parlamentari e militanti PD (NdR: ed anche a Berlusconi che era in attesa) il messaggio forte e chiaro: “il padrone del partito sono sempre io, solo io decido la linea da seguire”.

In secondo luogo perché se la direzione PD si fosse svolta sabato 28 aprile, il suo no al M5S imposto al partito nel corso del dibattito avrebbe avuto meno eco nelle cronache giornalistiche che lo avrebbero registrato tra gli altri interventi.

Lui, perciò, non sarebbe apparso come l’unico e solo protagonista del confronto e per Matteo Renzi, affetto da acuto protagonismo patologico, questo era inaccettabile.

Poi, perché precedendo con il suo show televisivo il dibattito in direzione lo avrebbe reso privo di significato rendendolo di fatto scontato e perciò inutile.

Inoltre perché recitando in TV il suo copione avrebbe messo in difficoltà non solo il segretario reggente, screditandolo, ma anche le minoranze del partito accelerando il disfacimento del PD che è il suo obiettivo prioritario dal giorno in cui fu eletto segretario.

Oltre tutto perché facendo naufragare l’ultima possibilità per il Paese di avere un nuovo governo, in cuor suo Renzi spera che il Capo dello Stato mantenga in vita l’esecutivo Gentiloni, e questo gli consentirebbe di garantire ancora le poltrone ministeriali ai suoi fantaccini, Maria Elena Boschi e Luca Lotti.

Ma credo soprattutto che il bisogno di apparire in TV Renzi lo covasse da settimane.

Era dal 4 marzo, infatti, che si rodeva il fegato nel rilevare che l’attenzione di media ed opinione pubblica fosse oramai monopolizzata da altri protagonisti della scena politica.

Per lui, famelico di protagonismo, essere ignorato da stampa e TV era assolutamente insopportabile.

Per questo, nonostante avesse dichiarato, una volta eletto senatore, che sarebbe restato in silenzio per due anni, non ha retto più alla voglia di fare ancora notizia.

Con i suoi consueti modi scorretti e infidi se ne è fottuto di screditare il segretario reggente e di provocare nuovi lacerazioni nel partito ed ha deciso di fare la sua sceneggiata televisiva in prima serata.

Dal giorno del famoso “#enricostaisereno” in poi Renzi è sempre stato coerente con il suo egocentrismo inesorabile e gabbamondo che lo ispira in tutto ciò che dice e che fa.