Sopoćko, paragonando queste due perfezioni, riflette innanzitutto sul termine “amore” dandogli la definizione di «aspirazione verso il Sommo Bene»[1]. Quest’aspirazione può essere “naturale” cioè, precisa, “attraverso i sensi” o “intellettuale”, per il tramite dello Spirito[2]. Continuando la riflessione, distingue l’amore in tre significati; “amore dell’ispirazione”, “amore gratuito” e “amore passionale”, che può definirsi passionalità verso una cosa o una persona, cioè un interesse nei confronti di chi si ama, finalizzato al bene. Utilizzando il metodo della negazione, esclude in Dio questo tipo d’amore (passionale), perché «Egli è autosufficiente e aseitas (l’essere di per Sé), non riceve alcun profitto amando le creature»[3]. 

Teniamo presente che l’amore di Dio - l’essenza più intima di Dio, «può essere approssimativamente comprensibile, in analogia all’amore umano»[4]. Sottolineiamo però, che qui «si tratta ovviamente di un’analogia, nella quale la dissomiglianza è sempre più grande di qualsiasi somiglianza»[5]. Infatti, diremo che «dall’essenza dell’amore umano,  deriva il fatto di dare all’altro non solo qualcosa, ma di comunicargli il dono di se stessi»[6]. Colui che si dona, «si spoglia nello stesso tempo di sé e dà se stesso. Tuttavia, mentre nel dono e col dono dà se stesso, rimane ugualmente se stesso, anzi trova proprio nell’amore il proprio compimento»[7]. 

Sopoćko cercando di dare la definizione dell’amore di Dio, si richiama ad un principio: siccome Dio è amore, Egli ama non soltanto in generale tutti, ma soprattutto personalmente, esclusivamente; come se il singolo fosse l’unica esistenza umana. Dio ama ogni uomo personalmente attraverso la misericordia[8]. In modo ancora più evidente, Dio si “autorivela amore” nell’offerta del suo Figlio sulla croce. La croce diventa il segno visibile dell’estremo gesto dell’amore per tutta l’umanità. L’offerta del Figlio, invece, significa che l’uomo è il fine del suo amore[9]. 

Notiamo che il discorso teologico di Sopoćko sul concetto di Dio unitrino sia anche  un ragionamento filosofico, ontologico (cioè cerca di comprende i “caratteri universali dell’essere”) e nello stesso tempo anche metafisico (riguarda i “principi primi”). Dio viene concepito come l’Essere: senza l’inizio e senza la fine; colui che possiede il “pensiero puro (ragione)” e la Volontà perfetta (superiore), entrambi strettamente uniti alla misericordia (uscire di Dio ad extra); che si distingue da tutti gli spiriti, le creature e dal mondo della materia; che regge gli altri esseri spirituali e materiali; che si relaziona con le creature tramite il mediatore (il Cristo) per farle uscire dalla “condizione di miseria”; Spirito puro ed universale; Saggezza eterna, l’unica Verità capace di amare sempre senza limiti e di lasciarsi amare[10]. In effetti, il Nostro nell’argomentazione evidenzia Dio Padre come la fonte e l’origine della misericordia, l’iniziativa della misericordia originaria, l’origine del dono. Il Padre nella teologia di Sopoćko viene caratterizzato dal verbo “donare”, “dare”, mentre il Figlio è colui che “riceve”. La grande metafora di Padre e di Figlio richiama proprio questa realtà: il Padre è colui che dà la vita, il Figlio è colui che la riceve. Non c’è Padre senza Figlio: sono concetti relativi, non assoluti[11]. Precisamente, uno non può essere chiamato “padre” se non ha un “figlio” e chiamando uno “figlio”, necessariamente si richiede che ci sia un “padre”. Con questo ragionamento, il Nostro rafforza la relazione fondamentale delle Persone: Dio è Padre in quanto dà la vita ed è Padre “Eterno”, cioè dall’eternità è Padre. Non ha cominciato ad essere Padre, ma da sempre è Padre[12]. 

Esattamente, Dio è Padre ab aeterno, dall’eternità; così come è Figlio ab aeterno; lo è di natura sua, non lo è diventato. Dio in Sopoćko è misericordia in quanto Padre che dà la vita, che comunica l’essere, che dona se stesso, come prima azione. La prima caratteristica della misericordia di Dio è l’iniziativa del “dare”. Il Figlio, poi, è colui che riceve e risponde; mentre lo Spirito Santo è l’Amore stesso che è l’unione del Padre e del Figlio. Il reciproco “amore relazionale”[13], che è uguale alla misericordia del Padre e del Figlio, procede in loro e da loro come Persona: il Padre e il Figlio “spirano” lo Spirito d’Amore che è a loro consustanziale[14]. 

Al termine vale la pena aggiungere che la dottrina trinitaria sicuramente non può essere un’appendice o addirittura un contraltare del monoteismo, ma è monoteismo concreto[15]. Nella dottrina trinitaria, «l’astratta definizione filosofica di Dio, secondo la quale Dio è l’essere stesso, viene concretizzata e meglio specificata. Essa dice che: «Dio  è l’essere stesso quando si comunica e si dona»[16]. Possiamo dire che proprio dalla dottrina trinitaria Sopoćko ha saputo trarre la comprensione del mistero fondamentale della fede cristiana, ponendo l’accento forte sull’Unità e sulla Trinità di Dio[17]. E da questa comprensione che deriva l’idea del terzo grande mistero della misericordia: l’Incarnazione[18]. Infatti, in queste parole significative del Nostro troviamo la conferma:

 «Dio ebbe compassione nei confronti di tutta l’umanità. Egli mandò l’angelo Gabriele a Maria per annunciare i quattro grandi misteri della misericordia: l’Immacolata concezione di Maria, la Santissima Trinità, l’Incarnazione e la Redenzione»[19].

Don Gregorio - prof. sac. Grzegorz Stanislaw Lydek


 
[1] M. Sopoćko, Poznajmy Boga, p. 23. Consideriamo che nel manuale di Adolf Tanquerey: Synopsis Theologiae Dogmaticae, sottotitolo: De amore beatifico, la misericordia è presentata come una delle perfezioni di Dio, con un richiamo all’insegnamento di san Paolo e di sant’Agostino (una pagina sola): cf. A. TANQUEREY, Synopsis Theologiae Dogmaticae - De Deo Sanctificante et Remuneratore seu de Gratia, de Sacramentis et de Novissimi, vol. III, Desclée, Paris 1929 p. 784. In un’altra parte del manuale si parla di una sola visione di Dio (sola visione Dei) come Summi Boni la quale è la prima sostanza: Dicunt amorem pertinere quidem ad statum beatitudinis, non autem ad eius essentiam (Dicono che l’amore appartiene certamente allo stato di beatitudine, non al contrario alla sua essenza): ibidem, p. 786. Nella questione sottotitolo: De purgatorio, invece, troviamo appena due righe sulla bontà di Dio con una breve presentazione della dottrina di san Tommaso: ibidem, p. 796.
[2] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boże nadzieją ludzkości, p. 13.
[3] M. Sopoćko, Poznajmy Boga, pp. 21-25.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem.
[6] Ibidem.
[7] W. Kasper , Misericordia, p. 141.
[8] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga, pp. 24-25: Serce Jezusa a Miłosierdzie Boże, p. 46.
[9] Cf. J. L. Marion, Il visibile e il rivelato, Jacka Book, Milano 2007, p. 88.
[10] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. I, pp. 52-53.
[11] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga, p. 21.
[12] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. I, pp. 72-76.
[13] L’XI Concilio di Toledo (675) precisò già con finezza: «Ciò che il Padre è, lo è non in riferimento a sé, ma in relazione al Figlio; e ciò che è il Figlio, lo è non in riferimento a sé, ma in relazione al Padre; allo stesso modo lo Spirito Santo, in quanto è predicato Spirito del Padre e del Figlio, lo è non in riferimento a sé, ma relativamente al Padre e al Figlio»: A. Schönmetzer, Enchiridion Symbolorum definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, Herder, Barcelona 1973, p. 528. Il Concilio di Firenze (1442) invece, affermò: «Queste tre Persone sono un unico Dio (…) perché dei Tre unica è la sostanza, unica l’essenza, unica la natura, unica la divinità, unica l’immensità, unica l’eternità; in Dio infatti tutto è una cosa sola, ove non c’è opposizione di relazione»: ibidem, p. 1330.
[14] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga, pp. 20-24.
[15] Consideriamo che lo straordinario sviluppo della teologia trinitaria, nel XX secolo, corrisponde a una più matura coscienza trinitaria di Dio. Essa sembra costituire una vera e propria novità rispetto al recente passato “monoteista e non trinitario”- secondo l’osservazione acuta e problematica di Karl Rahner (1904-1984), il quale ha più volte richiamato l’urgenza di un richiamo alla memoria trinitaria di Dio, superando il suo oblio nella vita della fede e nella riflessione teologica. È sembrato a Rahner che molti cristiani “nonostante la loro esatta professione della Trinità”, fossero solo dei “monoteisti” nella pratica della loro vita religiosa: cf. K. Rahner, Il Dio Trino come fondamento originario e trascendente della storia della salvezza, in Mysterium salutis, vol. III, Queriniana, Brescia 1969, p. 404. Un “monoteismo indistinto o “un monoteismo debolmente cristianizzato” non rende infatti ragione della ricchezza storico-salvifica del Dio cristiano. D’altra parte, il disagio di un esilio trinitario durato troppo a lungo, ha lasciato sintomi chiari anche nel linguaggio comune: si parla di “Dio” che s’incarna, più che non del “Verbo”, una delle persone della Trinità. Basti per tutti, in ambito cattolico, l’esempio del Catechismo di san Pio X, il quale segnala senza equivoci lo spiazzamento subito dal mistero trinitario. Alla domanda: “Chi è Dio?” faceva rispondere: «Dio è l’Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra, senza alcun accenno alla Trinità»: Pius x, Catechismo della dottrina cristiana pubblicato per ordine del Sommo Pontefice S. Pio X, LEV, Città del Vaticano 1959, p. 12.
[16]  W. Kasper, Misericordia, pp. 142-143.
[17] Cf. M. Sopoćko, Poznajmy Boga w Jego Miłosierdziu, p. 52: M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. I, p. 50; M. Sopoćko, Błogosławiony Ksiądz Michał Sopoćko - Dziennik, p. 163.
[18] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. I, p. 14.
[19] Cf. ibidem, p. 97.