«Lavoro e dignità sono due parole indissolubili: non ci può essere lavoro senza il rispetto della dignità della persona. E questo deve valere per tutti e sempre, senza distinzioni.»
Questo ha dichiarato il premier Conte in visita a Foggia "per portare la vicinanza di tutto il Governo ai feriti e ai familiari delle vittime" dell'incidente dove ieri sono perite 12 persone, tutti braccianti immigrati che lavoravano nei campi per raccogliere pomodori.
«Qui a Foggia - aggiunto Conte - ieri sono morte dodici persone, che si sommano alle quattro morte sabato scorso. Sedici lavoratori sfruttati e umiliati dalle condizioni di lavoro e di vita a cui erano costretti. Questa non è dignità.
A distanza di decenni sembrano ancora attuali le lotte condotte da Giuseppe Di Vittorio nato a pochi km di distanza da qui.
La bussola di questo governo - anche nell’approccio che abbiamo avuto nei confronti dell’immigrazione - è quella di garantire la dignità della vita e la dignità del lavoro.
Per quanto riguarda il fenomeno del caporalato dobbiamo rafforzare gli strumenti di controllo e prevenzione e introdurre misure di sostegno al lavoro agricolo di qualità.»
Alle parole del premier, si sono aggiunte quelle del ministro dell'Interno, sceso anche lui in Puglia per parlare, separatamente, con le istituzioni locali.
Nel primo pomeriggio, Matteo Salvini, dopo aver presenziato in prefettura a Foggia una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, ha tenuto una conferenza stampa in cui ha annunciato che il Governo aumenterà a quella provincia mezzi e risorse per consentire un maggior contrasto alla lotta al caporalato e alla criminalità, definendo i primo problema una diretta conseguenza del secondo.
Come sempre gli capita in occasioni ufficiali, Salvini chiude nel cassetto la versione "capitano" che offre sui social al suo elettorato, per impostare quella istituzionale di ministro della Repubblica, in cui annuncia attenzione al territorio, un potenziamento delle sue istituzioni, il tutto per favorire un maggior controllo, se non il ripristino completo, della legalità.
Tutto bene, quindi? In parte, perché il governo del cambiamento ai braccianti della Calabria, che si trovano nelle stesse condizioni di quelli pugliesi, delle promesse simili le aveva già fatte solo poche settimane fa, quando Luigi Di Maio aveva ricevuto a Roma una delegazione dell’Unione Sindacale di Base dopo l’assassinio di Soumaila Sacko, avvenuto nel vibonese.
In quella riunione, il ministro del Lavoro aveva promesso un tavolo interministeriale sul lavoro agricolo a cui avrebbero dovuto partecipare i ministeri dell’Agricoltura, delle Infrastrutture e del Sud, l’accesso ai contributi europei solo per le aziende che rispettino i diritti dei lavoratori, oltre a un concorso straordinario per l’assunzione di ispettori del Lavoro.
Però, dopo un mese, quelle promesse sono rimaste tali.
Inoltre, va ricordato anche che la lotta a questa diffusa illegalità nel mondo agricolo deve essere combattuta anche alle origini. In parte, come ha ricordato anche lo stesso Salvini, il problema è riconducibile alla concorrenza di Paesi dell'area del Mediterraneo ai quali l'Europa ha permesso di importare i propri prodotti nel mercato comunitario, in parte alla Grande Distribuzione Organizzata che mette in concorrenza i produttori e detta i prezzi, condizionando così un intero settore a sopravvivere.
Per tale motivo, il Governo dovrebbe porre la propria attenzione anche su questo aspetto, non certo secondario, del problema.