Nella Sala Clementina, papa Francesco ha ricevuto i partecipanti al Simposio Internazionale, promosso dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano integrale, sul tema del Disarmo.

Il Papa ha messo a confronto, come tema introduttivo dell'incontro, la possibilità che l'attuale situazione internazionale possa far ritenere remote le prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale: «È un dato di fatto che la spirale della corsa agli armamenti non conosce sosta e che i costi di ammodernamento e sviluppo delle armi, non solo nucleari, rappresentano una considerevole voce di spesa per le nazioni, al punto da dover mettere in secondo piano le priorità reali dell’umanità sofferente: la lotta contro la povertà, la promozione della pace, la realizzazione di progetti educativi, ecologici e sanitari e lo sviluppo dei diritti umani.»

Per Francesco è inconcepibile il solo immaginare le conseguenze dell'esplosione di un ordigno nucleare, che potrebbe anche avvenire accidentalmente, per questo «è da condannare con fermezza - ha affermato il Pontefice - la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano. Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici.»

Quello che noi pretendiamo di definire sicurezza quella generata da un doppio controllo che inibisce l'utilizzo dell'atomica nell'appianamento delle controversie, per il Papa «non può costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà. Insostituibile da questo punto di vista è la testimonianza degli Hibakusha, cioè le persone colpite dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, come pure quella delle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari: che la loro voce profetica sia un monito soprattutto per le nuove generazioni!»



Papa Francesco si richiama alla lungimiranza dell'Onu che, recentemente, «ha stabilito che le armi nucleari non sono solamente immorali ma devono anche considerarsi un illegittimo strumento di guerra. E’ stato così colmato un vuoto giuridico importante, giacché le armi chimiche, quelle biologiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo sono tutti armamenti espressamente proibiti attraverso Convenzioni internazionali. Ancora più significativo è il fatto che questi risultati si debbano principalmente ad una iniziativa umanitaria promossa da una valida alleanza tra società civile, Stati, Organizzazioni internazionali, Chiese, Accademie e gruppi di esperti. In tale contesto si colloca anche il documento che voi, insigniti del Premio Nobel per la Pace, mi avete consegnato e per il quale esprimo il mio grato apprezzamento.»

E in contrapposizione agli strumenti di sterminio e distruzione, Francesco ha ricordato le parole di Paolo VI, «lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo», scritte nella Lettera Enciclica Populorum progressio di cui, in questo 2017 ricorre, il cinquantesimo.

La risposta alle armi, comprese quelle di distruzione, è il rigetto della cultura dello scarto, offrendo «soluzioni che abbiano come linea guida i processi solidali rispetto all’egoismo degli interessi contingenti. Si tratta al tempo stesso di integrare la dimensione individuale e quella sociale mediante il dispiegamento del principio di sussidiarietà, favorendo l’apporto di tutti come singoli e come gruppi. Bisogna infine promuovere l’umano nella sua unità inscindibile di anima e corpo, di contemplazione e di azione.»

Pertanto, in tal modo, «un progresso effettivo ed inclusivo può rendere attuabile l’utopia di un mondo privo di micidiali strumenti di offesa.»

Infine, Bergoglio ha citato anche le parole di Giovanni XXIII, nell'enciclica Pacem in terris dell'11 aprile 1963, verso l'obiettivo di un disarmo integrale: «L’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione, e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoperandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica.»