Continua la corsa al rialzo del prezzo del greggio che torna a superare i 50 dollari al barile, con il Brent già a 52 USD. Dopo i dati sulla riduzione delle scorte americane, oggi a far salire i prezzi è stata la notizia di un possibile accordo da parte dell'Opec con i paesi non appartenenti al suo cartello, per concordare e coordinare un eventuale taglio alla produzione.

Con gli americani che ormai hanno iniziato a vendere stabilmente il loro greggio all'estero, tanto da diventare temibili concorrenti degli stessi paesi Opec, capire quale sarà in futuro la corretta quotazione del greggio sta diventando sempre di più un problema da aruspici che da analisti.

Il problema principale per i produttori è la presenza sui mercati di una quantità di greggio molto superiore alle effettive richieste e con Libia e Nigeria pronte a riprendere la produzione il problema potrà solo peggiorare. Gli analisti, per ottobre, prevedono un surplus di  2 milioni di barili al giorno.

Nei paesi la cui economia si basa tradizionalmente e principalmente sull'attività di estrazione e commercializzazione del greggio, il prezzo del petrolio sta provocando gravi crisi economiche.

Anche l'Arabia Saudita è tra questi paesi. Un esempio, è la storia riportata da nena-news.it che parla della lotta di alcuni lavoratori, originari di Pakistan, India, Filippine e Indonesia che operano nel settore delle costruzioni per la United Seemac che ha smesso, da mesi, di pagare loro gli stipendi e che ha proposto come transazione per chiudere la vicenda il pagamento di un dollaro a testa!

Stanchi di essere presi in giro, i lavoratori hanno iniziato a presidiare gli uffici dell'azienda  a Riyadh decisi a non mollare finché i loro stipendi non verranno saldati. Una protesta che in qualsiasi altra parte del mondo non sarebbe notizia, mentre lo diventa eccome in Arabia Saudita, dove lo sciopero è proibito così come è proibita l'attività sindacale.

Questa vicenda può essere considerata indicativa per svelare quali siano le reali condizioni del paese dopo i tanti mesi in cui il greggio è stato venduto al di sotto del prezzo di produzione. E oltre all'Arabia, quanti altri produttori possono essere in crisi, specialmente in una regione come quella mediorientale che appare sempre più instabile e più ingovernabile ogni giorno che passa? Il greggio ed il fatto che in futuro sarà  sempre meno richiesto per produrre energia rappresenterà sicuramente un ulteriore fattore di instabilità nelle relazioni internazionali.

L'unica incertezza è sul quando questo possa avvenire. Quello a cui assistiamo adesso è solo l'inizio del problema.