Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ribadito domenica la sua determinazione ad acquistare e possedere la Striscia di Gaza, aggiungendo anche che potrebbe consentire che parti del territorio devastato dalla guerra vengano ricostruite da altri stati del Medio Oriente:

"Mi impegno ad acquistare e possedere Gaza. Per quanto riguarda la sua ricostruzione, potremmo darla ad altri stati del Medio Oriente per costruirne delle sezioni; altre persone potrebbero farlo, sotto i nostri auspici. Ma ci impegniamo a possederla, prenderla e assicurarci che Hamas non torni indietro".

Trump ha rilasciato queste dichiarazioni ai giornalisti mentre era a bordo dell'Air Force One, diretto a New Orleans per assistere al 59° Super Bowl. Come è evidente, il riferimento era al suo piano di deportazione di  tutta la popolazione di Gaza per ricostruire la Striscia in modo da farla diventare "la Riviera del Medio Oriente":

"Non c'è niente dove poter tornare a vivere. Il posto è un cantiere di demolizione. Il resto verrà demolito. Tutto è stato demolito".

In un raro momento di umanità, il presidente USA ha affermato di essere aperto anche alla possibilità di consentire l'ingresso di alcuni rifugiati palestinesi negli Stati Uniti, ma che le richieste sarebbero state valutate caso per caso:

"Ci prenderemo cura dei palestinesi e ci assicureremo che... non vengano assassinati",

ha infine aggiunto, in quello che potremmo definire un lapsus freudiano, riferito ai numerosissimi crimini di guerra di cui si sono macchiate le forze di occupazione dello Stato ebraico.

Da Teheran, il leader di Hamas Khalil al-Hayya, lunedì, ha replicato dichiarando irrealizzabili i progetti dell'Occidente e degli Stati Uniti. Al-Hayya ha ribadito che il movimento cancellerà il progetto di Trump, sottolineando che il popolo palestinese non lascerà la propria terra.


Naturalmente, il criminale in fieri Netanyahu continua a farsi scudo delle stupidaggini che puntualmente Trump rilascia su Gaza e la Palestina, trasformandole in propaganda per continuare ad assicurarsi il supporto degli estremisti di destra che sostengono il suo (attualmente molto precario) esecutivo.

Questo però non è gradito al Qatar. Infatti, secondo quanto ha riportato oggi Haaretz, a Doha sono infuriati per le dichiarazioni del premier israeliano, sottolineando che l'accordo con Hamas riguarda anche la loro parola, ciò di cui il Qatar si è fatto garante, aggiungendo che la condotta di Israele rappresenta un pericolo per il rilascio delle persone ancora prigioniere.

l qatarioti si lamentano anche, se non in particolar modo, delle dichiarazioni provocatorie di Netanyahu, in merito alla seconda fase dell'accordo di cessate il fuoco.

Secondo Haaretz, venerdì scorso il ritardo di diverse ore da parte di Hamas nel comunicare i nomi dei tre prigionieri rilasciati sabato sarebbe una sorta di avvertimento. Non è improbabile che se i negoziati sulla seconda fase non saranno accelerati, il ritardo nel trasferimento dei nomi dei prigionieri israeliani che saranno rilasciati il ​​giorno seguente si ripeterà anche venerdì prossimo, e forse anche il loro rilascio sarà ritardato, il che potrebbe significare far saltare la prima fase e non completarla.

Domenica si è recata a Doha una delegazione israeliana di secondo piano, guidata dal vice capo dello Shin Bet, che il giornale ha descritto come il favorito di Netanyahu. Questa delegazione che avrebbe dovuto avviare la seconda fase dei negoziati seppur con una settimana di ritardo, ha discusso invece di accordi tecnici relativi alla prima fase e non è stata autorizzata a discutere alcunché in relazione alla seconda fase.