Le linee del DdL Nordio connesse alla abrogazione dell’abuso d’ufficio e alla modificazione del traffico di influenze non mi paiono pienamente condivisibili.
Premesso che entrambi i delitti sono stati già modificati più volte, in merito al primo aspetto, avrei preferito una riconfigurazione alla attuale abrogazione. Sul traffico di influenze sarebbe stato opportuno disciplinare in maniera tassativa il lobbying distinguendo con precisione la mediazione lecita da quella illecita. Prima di abrogare o modificare una norma, il buon legislatore deve riflettere su come prevenire e reprimere le condotte illecite dei pubblici funzionari e degli amministratori lasciate scoperte.
Se non volessimo più utilizzare lo strumento del diritto penale - scelta del tutto lecita - allora dobbiamo giocoforza optare per ipotesi di responsabilità di natura amministrativa, contabile e disciplinare. Tertium non datur.
In caso contrario apriremo autostrade con corsie ad alta velocità per mafiosi e corruttori.
Sappiamo bene quanto la nostra pubblica amministrazione sia caratterizzata da molteplici abusi di potere connessi, ad esempio, al conflitto di interesse. Proprio in merito ai delitti dei colletti bianchi, non dimentichiamoci che l’Italia ha assunto specifici obblighi internazionali nella prevenzione e nel contrasto dei loro abusi.
Non condivido nemmeno la scelta in materia di custodia cautelare di affidare la decisione a un organo collegiale. Abbiamo nel nostro ordinamento processuale penale il tribunale del riesame che funge benissimo da “controllore” a seguito dell’impugnazione della misura cautelare adottata. Il ricorso alla custodia in carcere, inoltre, è attualmente una extrema ratio utilizzata davvero pochissimo. La modifica a mio avviso non sarà nei fatti praticabile per le numerose carenze di organico presenti negli uffici giudiziari.
Prima di disporre qualsiasi misura, servirà, soprattutto, procedere all'interrogatorio dell’indagato, notificandogli l’invito “almeno cinque giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni d’urgenza, il giudice ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire”. La nuova norma sembrerebbe applicabile anche ai colletti bianchi. Per arrestare un presunto corrotto o un tangentista (che magari nemmeno sapeva di essere sotto indagine) bisognerà “avvertirlo” con un anticipo di almeno cinque giorni? Se così fosse i rischi che si corrono sono facilmente intuibili.
In merito alle modifiche in tema di intercettazioni non potendosi più attingere direttamente alla fonte, la modifica apportata dal DdL renderà di fatto indiretto e incerto il diritto di cronaca. Il giornalista sarà costretto a riportare fonti indirette che saranno naturalmente meno attendibili.
Quanto al divieto di appello solo per il pubblico ministero, si tratta, invece, di una limitazione del potere della pubblica accusa, che personalmente avrei bilanciato eliminando il divieto di reformatio in peius. La parte che impugna deve accettare il rischio di subire una pena più grave rispetto a quella irrogatagli in primo grado.
Nelle ipotesi di riforma ministro c’è anche la separazione delle carriere dei magistrati, attraverso una riforma costituzionale che personalmente condivido. Aspettiamo naturalmente la riforma nella sua globalità per esprimere un giudizio complessivo e organico. Per ora mi sembra siamo di fronte ad uno stralcio di riforma insoddisfacente.
Personalmente mi sarei concentrato sulla riforma del processo penale e sugli impegni assunti nel Pnrr. Occorrerà investire risorse umane e materiali sulla giustizia penale coprendo innanzitutto i vuoti di organico nella magistratura e nel personale amministrativo.
La riforma della giustizia è un’impresa ardua e va fatta avendo una visione chiara di tutto il sistema e non soltanto di una parte dello stesso.