Se provassimo a riavvolgere il film dei 55 giorni trascorsi dalle elezioni del 4 marzo e tentassimo di trovare fotogrammi che testimonino momenti di autentica politica, quella con la “P” maiuscola, rimarremmo profondamente delusi.

Ancora una volta, infatti, abbiamo dovuto assistere a tediose e avvilenti sceneggiate con la maldestra recitazione sia di vecchi attori navigati, sia di nuovi protagonisti la cui smania di mettersi in mostra ha messe a nudo la loro inesperienza e cecità politica.

Inquietante constatare lo svilimento di alcuni impegni assunti in campagna elettorale, sacrificati sull’altare del principio machiavellico che il fine giustifica i mezzi.

Non deve sorprendere, perciò, se la lettura degli ultimi sondaggi, condotti in questi ultimi giorni, evidenziano un crescente disaccordo tra ciò che i leader delle forze politiche sembrano perseguire e ciò che il loro elettorato, invece, si attenderebbe.

Una incrinatura che potrebbe produrre uno stravolgimento dei risultati del 4 marzo nel caso, non remoto, che si dovesse ritornare alle urne nei prossimi mesi.

Prendiamo in esame, ad esempio, le due ipotesi per un accordo di governo che sembrerebbero ancora in vita anche se… agonizzanti.

Accordo M5S-Lega

Non aver compreso, fin dai giorni in cui sono stati eletti i presidenti delle Camere ed i componenti gli uffici di presidenza, che Salvini non avrebbe potuto mai affrancarsi da Berlusconi, è stata una dabbenaggine.

Pur consapevole, cioè, che in un eventuale governo Salvini si sarebbe portato a rimorchio Berlusconi e FI, Di Maio ha proseguito con insistenza a corteggiarlo, creando così false aspettative negli elettori del M5S.

Infatti, dal sondaggio SWG emerge che favorevole ad un eventuale governo M5S – Lega sarebbe il 67% dell’elettorato pentastellato ed il 61% di quello leghista.

Se, però, per rispetto del proprio elettorato fin dai primi giorni Di Maio avesse profilata come ipotesi quella di un governo M5S-Lega-FI quale sarebbe risultata la accettazione degli elettori pentastellati?

D’altra parte, che FI fosse in campo era molto chiaro già nel corso della esplorazione condotta dalla presidente del Senato, tanto che lo stesso Di Maio aveva aperto a FI, accettandone l’appoggio esterno in caso di accordo di governo con la Lega.

Peraltro, anche ipotizzando che Salvini sia capace di svincolarsi da Berlusconi, resterebbero non pochi dubbi sulla compatibilità del programma M5S, ad esempio, con la “flat tax” di Salvini e con la sua politica estera.    

Accordo M5S-PD

Aver continuato a considerare il PD come “forno” di scorta, ed averlo discriminato, pur essendo il secondo partito, nella elezione dei componenti gli uffici di presidenza delle due camere, costituiscono due antefatti che, di sicuro, pesano negativamente su questa ipotesi di lavoro.

Inoltre, non tenere conto del fatto che il 51% degli elettori pentastellati, interpellati da SWG, si è dichiarato contrario ad un governo M5S-PD, così come il 60% degli elettori Dem, significherebbe rischiare la incrinatura del rapporto con i relativi elettorati.

Una incrinatura che sicuramente potrebbe esacerbarsi dopo gli eventuali accordi per un programma di governo.

Infatti, al di là degli strascichi lasciati dai contrasti tra M5S e PD, che hanno caratterizzati gli anni del governo Renzi-Gentiloni, gli elettori non potranno non valutare i risultati dell’inevitabile “do ut des”.

Qualora Di Maio dovesse astenersi, ad esempio, dal modficare Jobs Act, legge Fornero, e Buona Scuola, cavalli di battaglia nella campagna elettorale, e nel contempo dovesse rinunciare ad alcuni capitoli qualificanti del programma pentastellato, la frattura con il proprio elettorato sarebbe pressoché irreparabile.

Stessa frattura che rischierebbe con i propri elettori il PD  se concedesse al M5S, in cambio della partecipazione al governo, di demolire anche se solo in parte quelle riforme che il governo renziano ha sempre vantato come fiori all’occhiello.

 

È probabile, quindi, che il presidente Mattarella dovrà, dopo due mesi dal 4 marzo, cercare una diversa soluzione, fino ad oggi inesplorata, per porre fine a questa crisi di governo.