A Termini, nel giro, lo conoscevano tutti. Si faceva chiamare «l'inglese». Un soprannome che si era gadagnato per via del suo accento. Era venuto apposta dagli Stati Uniti per un periodo di follie sessuali a Roma con ragazzini adescati a pagamento vicino alla stazione Termini. Se ne portava anche più di uno a sera in un appartamento che aveva affittato poco distante, nei meandri del multietnico e problematico quartiere Esquilino.