Con l'informatizzazione si è avverato il sogno di Cartesio, Leibnitz e Hobbes: l'algoritmo è diventato la mathesis, ovvero una lingua e dottrina universale. Ciò era anche nei voti del matematico italiano Giuseppe Peano, che concepì il latino sine flexione, ovvero una forma semplificata di latino utile a tenere conferenze e a comunicare con la comunità scientifica internazionale: un po' come l'esperanto, lingua artificiale già da tempo nota. Quello che si ci chiede e se e fino a quale punto libertà e informatizzazione possano andare di pari passo.
Il computer è sicuramente uno strumento meravigliosamente utile nel campo del lavoro, della creatività personale e della comunicazione. Milioni e milioni sono nel mondo gli utenti di Google, che hanno la possibilità di scambiarsi in tempo reale una quantità impressionante di dati e informazioni. Sotto questo profilo non vi è dubbio che lo strumento informatico abbia dei risvolti democratici di tutto rispetto, poiché la cultura stessa e tutto lo scibile, prima racchiusi in enciclopedie cartacee, sono posti a disposizione di uno sterminato bacino di utenza con un semplice click. Ma questo è anche un processo di accentramento che può sclerotizzarsi e degenerare in forme di totalitarismo intollerante.
Innanzitutto occorre osservare che nei grandi canali di informazione elettronica c'è spazio solo per il sapere "standardizzato", ovvero quello consacrato da secoli di tradizione ufficiale: in una parola, il sapere convenzionale. Spazio per saperi alternativi o per dir così "dissidenti" non ve ne è o è veramente molto poco. Del resto, già Marshall McLuhan, il noto sociologo e filosofo canadese, teorico del "villaggio globale", criticava le implicazioni negative degli interessi commerciali sottesi all'omogeneizzazione mondiale. A nostro avviso, l'informatizzazione è potere, e, come tale, veicola interessi non solo commerciali.
All'inizio abbiamo parlato di "accentramento". E, come insegna la storia, il potere, più è sovradimensionato, più diventa cattivo verso i subordinati, coinvolgendo anzi gli stessi maggiorenti in un unico vortice di folle perversione. Si dirà che la Rete è per sua natura anarchica, sviluppandosi autonomamente da qualsiasi direttiva, ad es., governativa. Ma rimane il fatto che essa tende ad amalgamare e fondere in un tutt'uno le diverse realtà popolari e nazionali.
Con la concentrazione e la reductio ad unum di queste realtà, (pensiamo solamente all'Unione Europea, basata sull'apparato informatico), c'è da temere seriamente per la stessa sopravvivenza di un'opinione pubblica o società civile, e la lenta ma inesorabile scomparsa del ceto medio depone in questo senso. Se vogliamo fare un paragone storico non possiamo non ricordare ciò che avvenne a Roma tra III e V sec. D.C.: elefantiasi ed iniquità dell'apparato fiscale; scomparsa dell'ordo decurionum (cioè dei notabili cittadini che facevano da quid medium tra gli umili e i più potenti); drammatica eclissi dello Stato; ed infine l'apparizione e consolidazione di una burocrazia parassitaria e totalitaria, la Chiesa cattolica, negatrice dei più elementari diritti dell'uomo, come la libertà di pensiero.
Certamente le due epoche storiche che abbiamo posto a confronto, (quella romana tardo-imperiale e quella attuale) sono differenti sotto molti aspetti, ma io temo che la tendenza alla concentrazione del potere economico e politico sia drammaticamente simile in entrambi i contesti.