Questo post è dedicato alla cultura romana. Come ben sappiamo i Romani non hanno mai avuto miti cosmogonici come i Greci e numerose altre civiltà, ma solo miti civici, a tal punto che facevano coincidere l'inizio delle cose dal mito di fondazione da parte di Romolo, primo Re di Roma. Oggi gli storici tendono ad essere scettici sulla storicità della figura di Romolo, e preferiscono la narrazione secondo la quale Roma non nacque in un momento preciso (753 A.C. secondo la datazione varroniana), ma sorse gradualmente dall'aggregazione dei "vici" e dei "pagi" situati nell'area dei Sette Colli. Ma quali sono le caratteristiche più prettamente culturali della Latinità? Si è detto che i Romani hanno fatto molto poca teologia, ma questa affermazione, almeno in parte, è da rivedere. Certo, a livello di autori, i Greci ne hanno fatta molto di più: pensiamo ad Aristotele, Platone e, nella tarda antichità, all'emanatismo plotiniano; essi hanno creato veri e propri sistemi teologici, a differenza dei Latini, che hanno parlato di Dio più come eruditi ed antiquari che come teologi.

Ricordiamo i 16 libri rerum divinarum di Varrone Reatino, il De Diis del dotto pitagorico Nigidio Figulo, i libri De natura deorum di Cicerone, il trattato "Quaestiones naturales" di Seneca, dedicato alla meteorologia, ma contenente elementi di teologia, il "De rerum natura" di Lucrezio, poema finalizzato a sradicare le superstizioni religiose, e a divulgare il pensiero di Epicuro; qualche saggio platonico di Apuleio di Madaura, che ebbe fama di taumaturgo e mago. Nella tarda antichità, si segnala la figura del commentatore platonico Ambrogio Teodosio Macrobio, autore dei "Saturnalia", raccolta di citazioni dotte di autori precedenti. Ricordiamo anche un Messalla, giuspubblicista repubblicano, che scrisse dei libri "De auspiciis". Ma la vera teologia romana sta nell'interpretazione delle Triadi, come abbiamo cercato di dimostrare, e nel Calendario, diviso in giorni fasti e nefasti, che tanto ha inciso sulla vita politico-costituzionale della Civitas romana.

Se in alcun campo del sapere, come è stato detto, i Latini riuscirono a raggiungere il livello dell'Ellade, essi in compenso furono i creatori del diritto, che, a ben vedere, è una visione del mondo, specie se associata al concetto di "fas". Nonostante la praticità e l'empirismo della loro concezione della vita, e l'invadere della corruzione e della violenza a partire dalla tarda repubblica, la cultura romana non è mai stata piattamente materialista ed utilitarista, come quella anglosassone, ma è stata contrassegnata da un forte idealismo, come testimonia il complesso rapporto tra "fas" e "ius", su cui ci siamo intrattenuti in numerose notizie. Roma può vantare una letteratura di tutto rispetto, sia nel campo della poesia sia in quello della prosa, dove spiccano particolarmente gli storici, da Sallustio al tardo Ammiano Marcellino: il genere della storiografia era il più confacente alla mentalità romana, attenta ai fatti e alla narrazione edificante di exempla morali, ma non meno alla fustigazione dei vizi ed incline al più cupo pessimismo, come avviene in Tacito.

Nel clima della restaurazione augustea, troviamo Tito Livio, celebratore della grandezza romana non meno di Virgilio nella poesia: il famoso detto "parcere subiectis et debellare superbos", può essere visto come il manifesto dell'imperialismo romano. Nelle arti, specie nell'architettura, i Romani raggiunsero livelli di una certa originalità; ma bisogna anche dire che spesso, dietro alla realizzazione di edifici pubblici come il Pantheon, o il ponte sul Danubio di età traianea, c'erano ingegneri ed architetti  ellenistici. Possiamo allora dire che la più originale creazione del genio latino è il diritto: un insieme di rapporti sociali, così come si trova sistemato nel Digesto giustinianeo, che ha un valore contemporaneamente storico: esso ci dà conto della nascita, dell'evoluzione e dell'involuzione di una società millenaria: dagli inizi alla disgregazione finale.

Da questo punto di vista, il Digesto è un unicum della letteratura mondiale, forse il testo più importante in assoluto che sia stato mai scritto. Ma i Romani eccellevano nel diritto privato e la mancata elaborazione normativa del diritto pubblico, specie in età imperiale, non è l'ultima tra le cause che portarono al collasso dell'Impero in Occidente.