Nella puntata di Presa Diretta del 9 gennaio dedicata al comune di Roma e al neo sindaco Virginia Raggi, i giornalisti di Riccardo Iacona hanno, tra l'altro, anche preso in esame gli sprechi che le amministrazioni capitoline hanno fatto negli ultimi anni.

Un elenco neppure infinito - probabilmente gli sprechi presi in esame sono solo quelli più "evidenti" - che fa restare di stucco. La prima considerazione che quella inchiesta fa venire in mente, a questo punto, è che Mafia Capitale sia solo uno specchietto per le allodole.

Le allodole sono l'opinione pubblica a cui viene fatto credere che i guai, nel senso di debiti che superano abbondantemente i 13 miliardi di euro,  di Roma siano da attribuire ai Buzzi, ai Casamonica, ecc. La politica ha riconosciuto le proprie colpe in quella vicenda, si è scusata, ha fatto ammenda, ha recitato il mea culpa e si è lavata la coscienza, ripresentandosi a chieder voti ai cittadini.

Vediamo se questa spiegazione può essere sufficiente a giustificare la "condizione" in cui Roma si trova.

Quello che quel servizio ci fa capire è che la capitale è stata gestita in un intreccio di interessi contrapposti che fra loro hanno creato un groviglio da cui è adesso difficile districarsi, senza ripartire da zero.

Un esempio? Il comune di Roma possiede 60.000 case la cui rendita è però inadeguata rispetto a quello che indicano gli attuali prezzi di mercato. In pratica, gli affitti del Comune sono troppo bassi, in alcuni casi ridicoli. Però chi abita in quelle case, e a dire il vero non solo loro, dovrà pagare delle tasse comunali altissime perché il Comune non avrebbe altrimenti i soldi per fornire i servizi minimi necessari alla popolazione. E questo è solo un semplice esempio del corto circuito della situazione di Roma.

Dalle conclusioni che si possono ricavare da quanto è andato in onda, si può dire tranquillamente che la politica romana, i cui rappresentanti erano espressione dei partiti che hanno governato fino a ieri, ha operato per preservare e supportare un sistema clientelare che ha mantenuto rendite milionarie e stipendi garantiti e regalie indirette per chi poi avrebbe dovuto votare.

Una specie di circolo chiuso che avrebbe anche potuto funzionare solo se il comune di Roma non dovesse essere messo di fronte alla necessità di ripianare il buco di bilancio e a quella di trovare i soldi per farlo e se decine, forse centinaia, di opere pubbliche mai terminate e completamente abbandonate non fossero lì a testimoniare il disastro di Roma.

Infatti, i famosi palazzinari romani dopo aver costruito case, si sono dedicati alle opere pubbliche relative ai servizi da offrire agli abitanti e gli sprechi in questo campo vanno oltre l'incredibile, anche in funzione di contratti approvati dallo stesso comune di Roma che non hanno alcun senso e sono privi di qualsiasi logica dal punto di vista della tutela dell'interesse pubblico.

Situazioni paradossali il cui punto apicale può essere rapresentato dall'impianto progettato per i mondiali di nuoto di Roma e mai terminato, il cui costo iniziale di 65 milioni di euro è adesso aumentato di ben 11 volte tanto. Inutile sottolineare che quell'impianto è una cattedrale nel deserto incompiuta e con pochissime speranze di esserlo.

Ovvio che anche i romani sono per una parte responsabili di quello che è accaduto finora a Roma. Adesso tutti quelli che vengono intervistati si indignano per le condizioni della capitale e per ciò che non sta facendo l'amministrazione comunale.

Ma alcune di quelle persone, però, hanno lavorato e lavorano grazie alle regalie che le amministrazioni comunali hanno fatto ai loro datori di lavoro, eppure, in relazione a quelle che vengono definite le nefandezze attuali, si informano e si indignano sui giornali pubblicati da quegli stessi palazzinari che hanno intascato, non si sa bene come, fiumi di denaro per opere pubbliche inutili, mai terminate e costate cifre spropositate.

Concludendo. Negli ultimi mesi abbiamo visto partiti politici e cittadini romani avventarsi su Marino come responsabile di tutti i mali della città. Adesso, la stessa sorte è riservata alla Raggi, probabilmente inadatta a svolgere il proprio ruolo, ma è altrettanto evidente che tale ruolo non possa essere svolto con l'intenzione di rendere normale una città che normale non sembra volerlo diventare.

Quello che viene da chiedersi è quanti romani siano veramente interessati a che Roma possa diventare una città come tutte le altre? E sarebbe anche giunto il momento di un sincero esame di coscienza. In fondo, la politica del panem et circenses non è mai finita.