"Permettetemi qui di spendere due parole su un altro pericolo, ossia quello dei traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma – non comprendendo l’elevatezza della loro responsabilità – si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del “Papa non informato”, della “vecchia guardia”…, invece di recitare il “mea culpa”.

Accanto a queste persone ve ne sono poi altre che ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per approfittarsene. Questo certamente senza dimenticare la stragrande maggioranza di persone fedeli che vi lavorano con lodevole impegno, fedeltà, competenza, dedizione e anche tanta santità.

È opportuno, allora, tornando all’immagine del corpo, evidenziare che questi “sensi istituzionali”, cui potremmo in qualche modo paragonare i Dicasteri della Curia romana, devono operare in maniera conforme alla loro natura e alla loro finalità: nel nome e con l’autorità del Sommo Pontefice e sempre per il bene e al servizio delle Chiese. Essi sono chiamati ad essere nella Chiesa come delle fedeli antenne sensibili: emittenti e riceventi.

Antenne emittenti in quanto abilitate a trasmettere fedelmente la volontà del Papa e dei Superiori. La parola “fedeltà” per quanti operano presso la Santa Sede «assume un carattere particolare, dal momento che essi pongono al servizio del Successore di Pietro buona parte delle proprie energie, del proprio tempo e del proprio ministero quotidiano. Si tratta di una grave responsabilità, ma anche di un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che è ben espresso proprio dalla parola “fedeltà”».

L’immagine dell’antenna rimanda altresì all’altro movimento, quello inverso, ossia del ricevente. Si tratta di cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma al fine di permettergli di svolgere più efficacemente il suo compito e la sua missione di «principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione». Con tale recettività, che è più importante dell’aspetto precettivo, i Dicasteri della Curia romana entrano generosamente in quel processo di ascolto e di sinodalità di cui ho già parlato."



E meno male che dovevano essere auguri! Nel caso in cui Bergoglio avesse voluto sgridare ufficialmente la Curia Romana, chissà che cosa sarebbe accaduto!

Le parole sopra riportate sono quelle che Bergoglio ha pronunciato stamani nella Sala Clementina per gli auguri natalizi ai rappresentanti dei vari Dicasteri romani. Auguri che, per qualche buon intenditore, devono esser stati alquanto "indigesti".

Vanagloria, ambizione, tradimento... a differenza di quanto fatto in altre occasioni, papa Francesco non ha usato tatto e diplomazia per esprimere il comportamento di alcune "persone" presenti all'interno della Santa Sede che non operano in sintonia con la loro funzione, dimentichi della "fedeltà" al Pontefice richiesta dal ruolo ricoprono.

Una denuncia pubblica che indica, da una parte, che l'attuale Papa non intende più sopportare o far finta di nulla in relazione a determinati comportamenti, dall'altra che la contrapposizione alle "politiche" di Bergoglio ha raggiunto un livello tale da costringere il papa argentino a dichiarare ai "frondisti" che oltre non è possibile proseguire.

L'unica cosa che resta da capire è se questi "auguri" debbano essere considerati unicamente come "ultimo avvertimento" o come inizio di un "redde rationem" che vedrà un repulisti profondo in molti dicasteri della Curia Romana.