Popolo e massa, un rapporto problematico. Cos'è il popolo? Un insieme di individui che si riconoscono in una identità e in una tradizione comuni, ed hanno fiducia nel futuro del loro Paese. La definizione di popolo che dobbiamo a Cicerone, certo intelligente, è a mio avviso incompleta. Diceva Cicerone che il popolo non è una semplice riunione di individui, ma un gruppo tenuto insieme dal vincolo dell'utilità e del diritto.

Quello dell'utilità è un motivo ricorrente nella letteratura giuridica romana, a tal punto che si può identificare l'utile con il diritto. D'altronde, lo stesso Cicerone faceva coincidere l'utilità pubblica con la giustizia.  Cos'è la massa? una accolta indifferenziata di individui irrazionale e sempre avida di novità. In Italia c'è buon popolo, ma anche tanta massa.  L'uomo della massa, non avendo valori né ideali, sarà sempre portato a cambiare opinione a seconda del proprio tornaconto personale. Purtroppo la qualità sta nelle piccole dosi, mentre nelle grandi quantità si smarrisce il valore ed ogni certo punto di riferimento etico e nazionale.

Ma perché c'è così tanta massa in Italia ? A prescindere dall'immigrazione moderna, avutasi dal 1989, e che rappresenta un problema serio, vorrei fare un discorso storico e dare una risposta conseguente. A parte il proverbiale regionalismo,  che risale all' Italia preromana e che ripreso il sopravvento nell'Alto Medioevo, con il venir meno dell'autorità centrale imperiale,  bisogna rifarsi alla storia romana. I Romani, nella loro politica di conquista, facevano largo uso delle deportazioni, cioè trasferivano con la forza intere popolazioni in Italia, per alimentare il mercato degli schiavi. Si aggiunga che lo stesso affermarsi dello Stato romano come potenza mediterranea, aveva favorito nel tempo una massiccia immigrazione spontanea che, ad un certo punto, si rinunciò a contrastare.

Il risultato fu che prese sempre più piede, in Italia come del resto in tutto l'Impero, una ideologia di massa, e questa fu il Cristianesimo, largamente diffuso fra gli strati umili della popolazione, come gli schiavi, che certamente non potevano amare il sistema romano, basato sul censo, lo sfruttamento e la preminenza dei più facoltosi. Ma è anche vero che gli intellettuali di questa ideologia appartenevano essi stessi alle classi più alte: facciamo i nomi di Sant'Agostino, di Lattanzio, di Tertulliano.

E questo assetto sociale si è tramandato nel tempo, divenendo attuale. Roma antica è durata circa 1.300 anni; il Cristianesimo dura da più di 2.000 anni. Sicuramente tra le masse ci sono individui di valore, ma esse, nel loro complesso, non ragionano, sono irriflessive e sono preda di astuti demagoghi. La massa brutale finisce col fagocitare tutto, anche i più elementari sentimenti umani: essa, infatti, a differenza del popolo, non ha né identità né coscienza. La stessa storia romana lo dimostra: Polibio, storico greco del II sec. D.C., ammiratore della Costituzione mista di Roma, basata sulla fusione dei tre elementi oligarchico, popolare e regio, predisse, come infatti avvenne, che l'invadere della massa avrebbe mandato in frantumi quell'assetto politico, ignoto alla Grecia e costruito, come diceva Catone il Censore, sulla vetusta esperienza di intere generazioni.

Inutile fu il tentativo dei tribuni Gracchi, che tentarono di opporsi al latifondismo senatorio e di ricostituire il ceto medio dei contadini che aveva fatto la grandezza di Roma: il loro tentativo finì in una brutale repressione.