L'agenzia di stampa Wafa ci fa sapere che agenzie e funzionari delle Nazioni Unite hanno espresso il loro sdegno per l'uccisione di Razan An Najjar (nella foto in alto pubblicata da middleeasteye.net), una ragazza palestinese di 21 anni, paramedico volontario, che prestava la sua opera per conto del PMRS (Palestinian Medical Relief Society).

Venerdì scorso, intorno alle 18:30, Razan è stata ferita dai colpi sparati dalle forze israeliane mentre con altri paramedici cercava di raggiungere alcune persone ferite nei pressi della recinzione al confine tra Gaza e Israele, poco prima della conclusione delle dimostrazioni della "Grande Marcia del Ritorno", intorno alle 18:30.

Razan è stata soccorsa immediatamente e poi trasportata all'ospedale europeo di Gaza, dove però è deceduta poco dopo le 19. Anche altri tre paramedici del suo team sono rimasti feriti.

«Agli operatori sanitari deve essere permesso di svolgere le loro funzioni senza aver timore di essere feriti o uccisi - ha dichiarato il coordinatore umanitario Jamie McGoldrick. -

L'uccisione di un membro di uno staff medico chiaramente identificabile dalle forze di sicurezza durante una manifestazione è particolarmente riprovevole, ed è difficile capire come sia conciliabile con l'obbligo di Israele, come forza di occupazione, di garantire il benessere della popolazione di Gaza.»

Ma questo non è stato certo il primo "incidente" che ha interessato del personale sanitario. Tra il 30 marzo e il 27 maggio, 245 operatori sanitari e 40 ambulanze hanno subito attacchi, secondo i dati forniti da Ministero della Sanità palestinese, Palestinian Red Crescent Society, PMRS e Union of Health Work Committees. Molti di questi attacchi sono stati effettuati utilizzando munizioni vere.

«I rapporti indicano che Razan stava assistendo i manifestanti feriti e indossava abiti che, chiaramente, la distinguevano dai manifestanti indicandola come operatore sanitario, anche da lontano - ha detto James Heenan, rappresentante dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati. -

I rapporti suggeriscono che Razan sia stata uccisa a circa 100 metri dal recinto. Secondo la legge internazionale sui diritti umani, che si applica in questo contesto insieme al diritto internazionale umanitario, la forza letale può essere usata solo come ultima risorsa e quando c'è una minaccia imminente di morte o ferite gravi. È molto difficile vedere come Razan An Najjar abbia potuto rappresentare una tale minaccia per le forze israeliane, pesantemente armate e ben protette all'interno delle proprie postazioni, dall'altra parte delle barriere al confine della Striscia.»


Le dichiarazioni di sconcerto e di indignazione dei rappresentanti delle Nazioni Unite sembrano ancor più ridicole in relazione alla loro inutile ipocrisia, se si considera che nello stesso giorno in cui veniva uccisa Razan An Najjar, il Consiglio di sicurezza dell'Onu bocciava una mozione del Kuwait che condannava l’uso della forza israeliana contro i civili palestinesi.

La bocciatura è stata conseguente al veto posto dall'ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, secondo la quale la bozza era «esageratamente unilaterale» e mirava «solo a minare gli sforzi di pace tra gli israeliani e palestinesi»... anche se nessuno ha capito a quali sforzi di pace si riferisse.

Ma la Haley, perfettamente coerente con la logica e l'intelligenza che governa l'amministrazione Trump, ha poi aggiunto che «il gruppo terroristico Hamas è il principale responsabile per le terribili condizioni di vita a Gaza.»

Ma come questo possa conciliarsi con le modalità che hanno portato dei soldati israeliani ad assassinare il paramedico Razan An Najjar non è dato sapere.