Il 41 bis fu ideato da Giovanni Falcone, varato subito dopo la sua morte, poi insabbiato, ripescato e approvato solo con l’uccisione di Paolo Borsellino. Si tratta dunque di una norma intrisa del loro sangue.
Il regime carcerario previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario italiano, anche noto come "carcere duro", è stato introdotto per la prima volta nel 1986. In origine, il 41-bis era una misura applicata in situazioni di emergenza e rivolta all'interno delle carceri. La sua applicazione veniva disposta per un periodo limitato con lo scopo di ristabilire l'ordine e la sicurezza.
Nel corso degli anni, si comprese che dal carcere i mafiosi mantenevano i contatti e impartivano ordini all’esterno, soprattutto dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, il 41-bis è stato trasformato in uno strumento efficace di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso.
La sua applicazione è stata estesa anche a coloro che, pur essendo detenuti per altri reati, mantengono collegamenti con associazioni criminali. Il 41-bis prevede un regime di detenzione particolarmente rigido, finalizzato a interrompere i legami tra il detenuto e l'organizzazione criminale di appartenenza. Il detenuto è isolato dagli altri detenuti e ristretto in una cella singola. I colloqui con i familiari sono limitati e soggetti a controllo, la corrispondenza è sottoposta a censura. Il detenuto è costantemente sorvegliato dal personale penitenziario. Sono previste limitazioni per quanto riguarda la partecipazione ad attività ricreative e culturali, l'accesso a beni di conforto e la fruizione di permessi premio.
L'applicazione del 41-bis ha suscitato numerose critiche e controversie, sia a livello nazionale sia internazionale. Le principali obiezioni riguardano la sua presunta violazione dei diritti umani fondamentali, in particolare il diritto alla dignità della persona e il diritto al mantenimento dei legami familiari. Il regime di 41-bis ha una durata di quattro anni ed è rinnovabile. La decisione di proroga è adottata dal Ministro della Giustizia, sulla base della valutazione della pericolosità del detenuto. Il 41-bis è uno strumento controverso, ma ancora oggi è necessario per contrastare la criminalità organizzata. La sua applicazione è essere sempre motivata e proporzionata, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona.
Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.