Dal "testa di c...." di Massimo Corsaro a Emanuele Fiano alla "modalità broncio" di Matteo Renzi a Enrico Letta sono la testimonianza, ma si dovrebbe dire la riprova, di come è intesa - dagli stessi protagonisti o perlomeno da una parte di loro - la contrapposizione politica in Italia. L'offesa, la battutta, l'irrisione prevalogono sui contenuti.

Da quando Berlusconi ha perso il suo alter ego che ne rappresentava gli interessi in Parlamento e, suo malgrado, si è visto costretto a "scendere in campo" (per usare una sua espressione) il linguaggio della politica e dello scontro politico è alquanto sceso, sia per la pochezza culturale dei suoi protagonisti, sia per la necessità di usare un linguaggio il più vicino possibile a quello di tutti i giorni, non tanto per rendersi comprensibili alla gente, ma per creare più facilmente simpatie e antipatie da sfruttare elettoralmente.

La caduta dei partiti e l'ascesa dei capi all'interno degli schieramenti politici ha poi favorito questa impostazione.

Sono di ieri gli ultimi esempi di questo modo tutto italiano di percepire la contrapposizione politica non solo tra gli opposti schieramenti, ma anche tra politici che appartengono o dovrebbero appartenere allo stesso partito o alla stessa area politica.

Iniziamo da quella che ha visto protagonisti due deputati. Massimo Corsaro, del gruppo Misto, in un post su facebook ha utilizzato un giro di parole per dare della testa di c.... ad un suo collega, Emanuele Fiano del Partito Democratico, resosi colpevole di aver presentato una legge che condanni l'apologia del Fascismo.

"Che poi, le sopracciglia le porta così per coprire i segni della circoncisione...", questo ha scritto Corsaro per mostrare il suo disappunto nei confronti del collega, colpevole di aver presentato in Aula una legge secondo lui insensata. Inutile riportare l'indignazione e le proteste che ne sono seguite con le relative accuse di antisemitismo che non possono mancare quando ad essere insultato o dileggiato sia un ebreo e sia fatto riferimento alla sua appartenenza religiosa.

Nelle stesse ore i media hanno riportato un ulteriore passaggio del libro di Matteo Renzi, in uscita in questi giorni, in cui il segretario del PD ricostruisce la sua nomina a Palazzo Chigi, attribuendone la responsabilità alla minoranza PD (Speranza, Cuperlo, Bersani...) dimenticandosi dei ripetuti agguati in Parlamento organizzati dai deputati della sua corrente.

Ma non c'è da meravigliarsi della memoria a senso unico di Renzi che, purtroppo per l'Italia, ha già ampiamente provveduto ad illustrarci e descriverci in numerose occasioni. Renzi, dopo aver promesso sostegno a Letta con il suo ormai storico "stai sereno" adesso scrive che Enrico, dopo che lui lo ha sostituito come premier, "entra in modalità broncio" perché "ci sono intere carriere costruite sul vittimismo anziché sui risultati".

"Reazioni a Renzi? A volte #silenzio esprime meglio disgusto e mantiene distanze. Ho deciso di non guardare indietro ma avanti. Non cambio idea." Questa è sta la risposta di Enrico Letta a Matteo Renzi.

Descritte le due vicende, a parte lo "stile" che le differenzia, che cosa c'è di diverso tra loro? Nulla! Pertanto, possono essere accomunate tra loro? Assolutamente sì. Il legame che le unisce, come accennato in precedenza, è il modo di far politica basato non sui contenuti, ma sulla contrapposizine personale che scaturisce nella delegittimazione dell'avversario e che, secondo chi la pratica, porterà consensi in base a quanto uno sia stato più o meno offensivo o più o meno caustico nei confronti del concorrente, facendogli così guadagnare rispetto e consenso tra gli elettori che possono in tal modo meglio identificarsi in questa maniera di intentedere la politica.

Ma dato che al peggio non c'è mai fine, dobbiamo pure aggiungere che a certi comportamenti non viene applicato neppure il limite della decenza, tanto che - ad esempio - siamo costretti a sentir ripetere il mantra di Matteo Renzi che afferma che lui è al di sopra di certa poropaganda e che vuole parlare solo di contenuti!