"Come tutti gli studi hanno dimostrato (e come il buon senso suggerisce) la crescita economica ha una relazione stretta con la qualità della vita degli individui e con le caratteristiche e le dotazioni dei territori. E la competitività cresce in funzione di quanto crescono l’equità e le possibilità offerte agli individui."

Su queste premesse si fonda il secondo “Rapporto sulla qualità dello sviluppo in Italia”, realizzato da Tecnè e dalla Fondazione Di Vittorio.

Con il contribuito di diverse discipline - sociologia, analisi economica, psicologia - il rapporto "ha l’obiettivo di misurare lo stato di salute del Paese da uno specifico punto di vista: quello delle disuguaglianze territoriali. La scelta della scala (cioè del sistema di indicatori) e del metodo di calcolo degli indici (basato sulla distanza di ogni singola regione rispetto alla media nazionale) è funzionale proprio a evidenziare le eccellenze e misurare le distanze tra i vari territori."

Nell'edizione 2017, il rapporto è stato arricchito di nuovi indicatori, raggruppati nelle seguenti 12 macro-aree di analisi:

1. STANDARD ABITATIVI - 2. BENI POSSEDUTI DALLE FAMIGLIE - 3. CONTESTO TERRITORIALE - 4. CONDIZIONI DI SALUTE DEGLI INDIVIDUI - 5. SERVIZI SOCIO-SANITARI - 6. CAPITALE SOCIALE - 7. CAPITALE CULTURALE - 8. INFRASTRUTTURE ECONOMICHE - 9. EQUITA' SOCIO-ECONOMICA - 10. FIDUCIA ECONOMICA - 11. FIDUCIA INTERPERSONALE - 12. SODDISFAZIONE PERSONALE.

Nonostante l'enfasi con cui Governo e media cerchino strenuamente di dimostrare che l'ennesimo ultimo dato Istat pubblicato sia la riprova che l'Italia abbia ritrovato il cammino della crescita e dello sviluppo, la realtà tracciata nelle pagine del rapporto di Tecnè e Fondazione Di Vittorio è ben diversa.

"L'Italia cresce economicamente poco, nonostante il contesto internazionale favorevole, e la ricchezza tende sempre più a concentrarsi in fasce di popolazione ad alto reddito, col risultato che il ceto medio è più fragile, aumentano i poveri e (soprattutto) i quasi-poveri, il lavoro è percepito più instabile e nel complesso è più difficile migliorare le proprie condizioni economiche, sociali e professionali. Tutto ciò si riflette in un sentimento di diffuso pessimismo sul futuro del Paese e in una crescente sfiducia economica."

"La dinamica segnala un ripiegamento nel privato e un indebolimento della propensione sociale partecipativa. Infatti, si parla più di politica ma si ascoltano meno i dibattiti, cala la partecipazione agli eventi collettivi ma cresce l’interesse individuale nei confronti di ciò che accade nel Paese. E la politica diventa sempre più un’attività da “poltrona”, assumendo nuove forme di partecipazione immateriale."

"La rarefazione della dimensione collettiva si sposa con la crescita della sfiducia economica e del risentimento nei confronti della politica, mentre prende forma una conflittualità sociale a bassa intensità e ad alta frequenza, che diventa più forte nelle area sociali più vulnerabili."

In questo contesto, si registra un aumento della fiducia tra le persone, in special modo tra coloro che vivono la medesima condizione socio-economica ed anche verso le forze dell’ordine, con la conseguenza, però, di una diminuzione della fiducia nei confronti di chi soffre di forme estreme di disagio sociale ed economico, come ad esempio gli immigrati.

Rispetto al passato il ceto medio risulta indebolito, più fragile, causa la diminuzione dei salari e l'aumento della povertà. Ciò contribuisce ad un sentimento pessimista nei confronti del futuro, sia in relazione alla situazione economica generale del paese, sia in relazione alla situazione economica dei singoli. In entrambi i casi, le aspettative illustrate nei dati del 2016 sono peggiori rispetto a quelle registrate nel 2015.

Inoltre, non solo viene ribadita la disuglianza tra nord e sud del paese, ma viene sottolineata anche quella all'interno delle stesse aree, con il meridione che ha una distribuzione dei redditi e della ricchezza concentrato in un numero limitato di persone con una conseguente maggiore iniquità dal punto di vista sociale.

L'aspetto preoccupante è il confronto di questi dati con l'immagine di quasi benessere che il Governo Renzi prima e Gentiloni adesso cercano di dare del paese. Ed i media non sono da meno.

La sensazione è che si vada verso un progressivo scollamento dalla realtà che, continuando così, non potrà non avere conseguenze nefaste per l'Italia, non solo dal punto di vista dei risultati economici, ma anche da quello della stabilità e dell'ordine pubblico.