A partire dal prossimo mese di giugno, i dipendenti della Pubblica Amministrazione centrale vedranno finalmente un cambiamento concreto nelle loro buste paga. Grazie a uno stanziamento da 190 milioni di euro, il governo Meloni ha dato il via a un intervento tanto atteso quanto necessario: colmare il divario retributivo tra i diversi ministeri, livellando il salario accessorio – bonus, premi, incentivi – verso l’alto. È un primo passo importante nella direzione della giustizia salariale nella macchina statale italiana.
Per anni, i lavoratori della PA sono stati ostaggio della “giungla” del salario accessorio, dove il trattamento economico complessivo non dipendeva dal merito o dalla funzione, ma dal “ministero di appartenenza”. A parità di qualifica, un funzionario poteva guadagnare centinaia di euro in meno rispetto ad un collega di un’altra amministrazione, per il solo fatto di lavorare in un dicastero con minori disponibilità di bilancio. Il risultato è stato un impoverimento cronico dei “ministeri poveri”, come quello della Giustizia, vittime di una continua fuga di personale attratto da stipendi più alti altrove.
Il governo Meloni ha avuto il merito di intervenire su una delle storture più profonde e meno visibili della pubblica amministrazione italiana. Un tema tecnico, che difficilmente arriva all’attenzione dell’opinione pubblica, ma che ha effetti devastanti sull’efficienza dello Stato e sulla motivazione dei suoi dipendenti. Uniformare il salario accessorio al livello delle agenzie fiscali – dove si raggiungono in media 6.724 euro l’anno, ovvero circa 560 euro al mese – significa restituire dignità a chi lavora in settori fondamentali ma dimenticati. È un segnale di rispetto verso quei dipendenti pubblici che, pur operando in condizioni di scarsità di risorse, continuano a garantire servizi essenziali alla collettività.
Naturalmente, questo è solo l’inizio. L’intervento di giugno porterà aumenti fino a 480 euro mensili lordi, che si aggiungono al +6% ottenuto con il rinnovo del contratto triennale, con un ulteriore incremento medio del 3,15%.
Un sollievo, sì, ma non ancora un pareggio. Il traguardo finale dovrà essere più ambizioso: portare tutti i dipendenti dello Stato, indipendentemente dalla loro sede di lavoro, ad un trattamento economico equiparabile a quello riconosciuto ai cosiddetti “travet d’oro” del Quirinale, della Camera, del Senato, di Palazzo Chigi e di altre strutture apicali dell’amministrazione pubblica. In queste sedi, gli stipendi sono significativamente più alti, spesso ben oltre la media nazionale, creando una disparità difficilmente giustificabile in uno Stato che si fonda sull’uguaglianza dei cittadini e dei lavoratori di fronte alla legge.
Non si tratta di livellare verso il basso, ma di alzare l’asticella per tutti, nella convinzione che una PA efficiente si costruisce anche (e soprattutto) valorizzando le sue risorse umane. Il passo compiuto dal governo Meloni dimostra che è possibile correggere storture strutturali con visione e determinazione. Ora non resta che completare il percorso, nella consapevolezza che la giustizia salariale nella PA è un investimento nel futuro dello Stato stesso.
Quanto spetta, ministero per ministero.
Dalle simulazioni basate sui dati ufficiali della Ragioneria dello Stato emerge, ministero per ministero, di quanto dovrebbe aumentare il salario accessorio per raggiungere il livello delle Agenzie fiscali:
Giustizia: +480 euro/mese
Infrastrutture e Trasporti: +465 euro
Interno: +401 euro
Ambiente: +310 euro
Lavoro: +283 euro
Affari Esteri: +240 euro
Meno marcate le differenze per
Cultura: +78 euro
Made in Italy: +83 euro
Salute: +3 euro
Economia e Turismo, infine, non riceveranno alcun adeguamento perché già oltre la soglia di riferimento.