Titoli quasi trionfalistici, ieri, sui dati del mercato del lavoro relativi al secondo trimestre 2018: deciso aumento dell’occupazione rispetto al trimestre precedente, diminuzione della disoccupazione, diminuzione degli inattivi, nonostante una lieve decelerazione della crescita del Pil (+0,2% in termini congiunturali e +1,2% su base annua) rispetto al ritmo registrato nei due trimestri precedenti.

Sebbene la crescita economica in Italia sia più contenuta di quella degli altri Paesi dell’area Euro, essa è comunque associata a un "aumento relativamente elevato dell’input di lavoro, che aumenta in misura più intensa rispetto al prodotto sia su base congiunturale (+0,7%) sia in termini tendenziali (+1,5%)".

Ma a crescere sono, però, soprattutto i dipendenti a termine, gli indipendenti, giudicati in ripresa, mentre stabile è il valore dei lavoratori a tempo ottimisticamente definiti a tempo indeterminato, ma che più correttamente dovrebbero essere indicati come permanenti.

Ma bisogna anche ricordare che nel dato mensile più recente, relativo a luglio 2018, al netto della stagionalità, il numero di occupati è in lieve flessione rispetto a giugno 2018 (-0,1%), anche se il tasso di occupazione rimane stabile.

Su base annua la crescita è di 387 mila occupati (+1,7%), concentrata soprattutto tra i dipendenti a termine a fronte del calo di quelli permanenti (+390 mila e -33 mila, rispettivamente) e della crescita degli indipendenti (+30 mila).

"Nel secondo trimestre del 2018 l’incidenza dei lavoratori dipendenti a termine sul totale dei dipendenti raggiunge il 17%. Persiste da quindici trimestri l’incremento degli occupati a tempo pieno; tornano ad aumentare i lavoratori a tempo parziale, esclusivamente nella componente involontaria, la cui incidenza sale al 63,7% (+3,1 punti) dei lavoratori a tempo parziale e all’11,9% del totale degli occupati (+0,6 punti)."

Il fatto che i media abbiano giudicato positivamente questi dati è anche dovuto al fatto che nel report viene indicato che nel secondo trimestre 2018 "si contano 205 mila occupati in più rispetto al secondo trimestre 2008", in tal modo raggiungendo e superando il numero degli occupati del secondo trimestre 2008, mentre "il tasso di occupazione 15-64 anni non destagionalizzato è tornato allo stesso livello (59,1% in entrambi i periodi)".

Ma quello che il report si guarda bene dal fare è raffrontare il numero di ore lavorate per dipendente rispetto a quello del 2008. L'unico dato di raffronto che ci dice che fa da cartina di tornasole con la qualità del lavoro offerto non viene divulgato.


Come si vede dal grafico, l'unico dato fornito al riguardo è comparato al 2013 e non al 2008. Dal IV trimestre del 2017 vediamo però che la curva del grafico è in calo. Se a questo aggiungiamo la denuncia fatta un anno fa dalla Fondazione Di Vittorio che poneva l'accento sul problema dicendo già allora che rispetto al 2008, il numero delle ore lavorate era nettamente inferiore, questo significa che i posti di lavoro attuali sono da considerarsi soprattutto lavoretti che non possono certo contribuire ad allargare la crescita economica, aumentare il benessere del Paese e diminuirne il debito.

Non che a ricordare ciò che a gran parte di italiani è evidente da tempo guardando nel loro portafoglio possa contribuire a svelare chissà quali segreti, però è anche utile, ogni tanto, ricordare come stiano i fatti e come questi vengano narrati, non certo facendo un buon servizio alla verità. E se per tale motivo nascono e crescono i populismi, non ci si deve poi lamentare, quando si è contribuito a farlo.