In base agli ultimi sondaggi, il Partito Democratico continua inesorabilmente a perdere consensi tanto che intorno a Natale è dato addirittura sotto il 23%. Effetto Boschi? Può darsi, ma guardando meglio i numeri, può essere più corretto parlare di effetto Renzi.

Da quando ha iniziato ad aumentare la propria esposizione mediatica a partire da ottobre, con il treno affittato ad hoc per girare l'Italia, Matteo Renzi sembra aver contribuito ad affossare ancor di più l'immagine già più che appannata del Pd.

Non si può parlare di effetto Grasso o di effetto Boschi, perché l'erosione di preferenze è progressiva e non legata ad un particolare momento. Certo, alcune vicende possono averla rafforzata, ma non creata... ed è questo il vero problema (ma forse no) per Renzi.

Affrontare una campagna elettorale - perché ormai siamo già in campagna elettorale - dopo un'esperienza di Governo, è difficile per qualunque partito, specie se un Paese non va tanto bene. Qual è il modo migliore per farlo? Oggettivamente è impossibile dirlo.

Quel che possiamo osservare riguardo a Renzi, è che quello da lui scelto è quello classico cui il segretario del Pd si affida da sempre: stravolgere la realtà e parlare del nemico. In ogni caso, per Renzi è categorico non affidarsi alla sincerità, che per lui ha gli stessi effetti che per Superman ha la kryptonite.

Un esempio ci è dato dalla sua enews di Natale in cui elenca gli ennesimi successi del Governo a guida Pd, partendo dal contratto degli statali, di cui però è stato definito l'aumento solo per i dipendenti delle amministrazioni centrali... dovendo capire come e dove reperire il resto dei soldi, alcuni miliardi di euro, per soddisfare anche gli altri lavoratori statali oltre ai "ministeriali". Ma qualcuno non ricorda che questo contratto era già stato chiuso 12 mesi fa, pochissimi giorni prima del referendum del 4 dicembre per tutti gli statali? E adesso, dopo 12 mesi, di nuovo si riparla dello stesso contratto, ma applicato per il momento solo ad una platea ridotta e non a tutta la categoria.
E tutto questo viene definito successo!

Questa politica della verità a metà ha ormai finito per stancare gli italiani che non riescono più neppure a farsi distrarre dalla tattica di propagandare l'incapacità del nemico: il Movimento 5 Stelle. Per Renzi, i 5 Stelle dovrebbero essere il velo per nascondere tutte le sue promesse, disattese da quanto da lui fatto - direttamente e indirettamente - a partire dal 2014.

Ma è una scelta assurda, illogica. Identificare un nemico in campagna elettorale e parlarne male è la tattica di chi fino a quel momento è stato minoranza. Attaccare un partito dicendo che è rappresentato da incapaci, che hanno combinato solo disastri, lo puoi fare se quel partito è stato finora al Governo. Ma se finora non ha mai governato l'Italia, come è possibile indicarlo come inadatto e incapace?

È possibile usare per le elezioni politiche la presunta incapacità di governare di Virginia Raggi, sindaco di Roma, accusandola - anche con l'aiuto della stampa amica - di non aver risolto, come promesso, i guai della capitale, città oberata da corruzione, malaffare, criminalità più o meno organizzata e da 13 miliardi di debiti causati dalle precedenti amministrazioni?

La crisi di consensi del Pd è una crisi di sincerità, o meglio... di mancanza di sincerità. Dopo il primo periodo, il decisionismo e il dinamismo di Matteo Renzi non sono riusciti a giustificare e mascherare la sua natura politica che ha molto a che vedere con la destra e poco o nulla con la sinistra, e neppure con la dottrina sociale della Chiesa, di cui il "boyscout" Renzi vorrebbe far credere di essere un "apostolo".

Questa sfacciata incoerenza renziana ha iniziato ad essere evidente anche agli elettori che votavano Pd per abitudine e non certo per convinzione. Per questo, Boschi o non Boschi, rimanendo così le cose, l'emorragia di voti continuerà, a meno di una (mini) rivoluzione che spinga i vertici del Partito ad arginare Renzi in un ruolo di secondo piano, sostituendolo con un candidato più credibile.

Ma, in questo caso, Renzi difficilmente potrebbe accettare un ruolo in disparte senza cercare di influenzare il candidato Pd e controllarlo con le sue redini. Quindi, quel che è probabile, è che le prossime elezioni sanciranno la fine del Partito Democratico, anticipata da due mesi di agonia.

Per Renzi non sarà certo un dramma, perché forse è proprio questo ciò a cui lui mira. Distruggere il Pd, creandosi comunque uno zoccolo elettorale da beneficiare con dei bonus ad hoc, per dar vita ad un partito che possa includere, prima o poi, l'elettorato di Forza Italia. In fondo, Renzi sa che Berlusconi non è eterno e che con oltre 80 anni sulle spalle non potrà affrontare altre campagne elettorali oltre alla prossima. C'è un elettorato di centrodestra che attende un nuovo "Messia".

La Meloni e Salvini non sono le risposte per il pragmatismo della classe media di centrodestra. Renzi sa che dietro l'angolo si apparecchia per lui la possibilità di sostituire Silvio con Matteo. Nel frattempo, ci sarebbe anche da rispondere alle esigenze di un Paese sempre più diviso e problematico... ma gli interessi degli italiani sono in secondo piano di fronte a quelli della politica, anzi... dei politici. Agli interessi degli italiani Renzi risponderà così più avanti, ma con un nuovo simbolo ed un nuovo (si fa per dire) slogan: Forza Matteo.