Secondo l'ultimo rapporto su "qualità e quantità del lavoro", redatto da Lorenzo Birindelli e Giuliano Ferrucci per conto della Fondazione Giuseppe Di Vittorio, nel quarto trimestre del 2017, la quantità di ore lavorate (in base ai conti economici pubblicati dall'Istat) sono ancora inferiori del 5,8% rispetto al primo trimestre del 2008, mentre le unità di lavoro - sempre relativamente allo stesso periodo - sono il 4,7% in meno.

Le due percentuali, tradotte in valori assoluti, indicano -667 milioni di ore lavorate e -1,2 milioni di unità di lavoro rispetto al primo trimestre 2008. Questo dato è stato rilevato nonostante l’occupazione attuale sia numericamente quasi uguale a quella del 2008 e che anche la CIG sia tornata agli stessi livelli.

Rispetto agli altri Paesi europei il valore del rapporto tra occupati e ore lavorate che si regesistra in Italia è particolarmente elevato, a causa del peggioramento della qualità dell’occupazione italiana.

Fra il 2013 e il 2017 sono aumentati in maniera consistente i part-time involontari e, negli ultimi due anni, le assunzioni a tempo determinato, portando l’area del disagio (attività lavorativa di carattere temporaneo oppure a part time involontario) a superare il record di 4 milioni e 571 mila persone.

Continua a crescere anche il numero di dipendenti con contratti di durata fino a 6 mesi, che sono passati da meno di 1 milione nel 2013 a più di 1,4 milioni nel 2017 (dati EUROSTAT).

Quindi, come è accaduto nei mesi e nelle settimane che hanno preceduto il voto del 4 marzo, è evidente che urlare ai quattro venti che in Italia la crisi era in via di risoluzione (se non addirittura risolta) perché il numero totale degli occupati era aumentato, era rappresentare un'immagine della reale condizione del lavoro in Italia molto parziale, se non addirittura falsata.

"La qualità di questa occupazione - come afferma il rapporto della Fondazione Di Vittorio - è in progressivo e consistente peggioramento, e questo spiega l’insoddisfazione sia sulle condizioni attuali che rispetto al futuro, non solo di chi è disoccupato, ma anche di chi ha un lavoro.

E’ evidente dai dati, che la quantità e qualità della ripresa, non è in grado di generare quantità e qualità dell’occupazione adeguata, con una maggioranza di imprese che scommette prevalentemente su un futuro a breve e su competizione di costo; così come, le attuali norme legislative che regolano il MdL incidono in modo negativo sulla qualità del lavoro.

Sono dati di cui occorre tener conto e sui quali è necessario intervenire."