Filippo Santoro è membro del consiglio episcopale permanente della CEI e, da maggio 2015, è presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Inoltre, su nomina di Papa Benedetto XVI, è anche arcivescovo metropolita di Taranto dal novembre del 2011.

Una premessa dovuta, che amplifica le dichiarazioni che Mons. Santoro ha rilasciato in un'intervista pubblicata su Avvenire riguardo a Tempa Rossa ed al referendum sulle trivelle.

«Quello che mi fa stare in allerta e mi fa dire un chiaro no alla Tempa Rossa e un sì al referendum contro le trivelle è che in un territorio ferito, lacerato, maltrattato non si può ulteriormente fare interventi a rischio. Servono solo interventi curativi. E un nuovo modello di sviluppo».

Parole chiare e nette che non lasciano dubbi a interpretazioni e, da un certo punto di vista, parole sorprendenti conoscendo la prudenza dei vescovi italiani sempre molto restii ad esprimere giudizi netti su problematiche che non riguardino direttamente il campo della dottrina e della fede.

Va ricordato però che l'arcivescovo aveva già preso posizione sulla vicenda Tempa Rossa nel febbraio 2015, affermando che «in un territorio già abbondantemente ferito da varie calamità riguardanti l’inquinamento, tra le quali il caso dell’Ilva, si voleva introdurre un nuovo elemento di attacco».

La posizione di Filippo Santoro, precedente e pertanto ulteriormente rafforzata dall'enciclica successivamente pubblicata da Papa Francesco, è che il diritto al lavoro non sia barattato con il diritto alla tutela della salute e della vita delle persone.

Per questo motivo Filippo Santoro difende l'occupazione all'Ilva purché vengano garantite le condizioni ambientali a salvaguardia delle persone e del territorio, ma è contrario ad «evitare un elemento perturbatore di una situazione già complessa», riferendosi alla vicenda Tempa Rossa. «Dobbiamo batterci nei confronti del governo perché le condizioni della produzione non inquinino l’ambiente».

Più chiaro di così!