Sopoćko, quando pensa all’essenza del cristianesimo, medita su due misteri in particolare: sul mistero della Trinità e sul mistero della Pasqua, ponendo un accento particolare sull’idea che essi sono presenti e strettamente connessi sia nel culto del Sacratissimo Cuore di Gesù, sia nel culto della Divina Misericordia. Nel mistero della Trinità, il Nostro contempla l’amore perfetto, nel mistero della Pasqua, invece, la misericordia di Dio viene rappresentata dal Sacro Cuore. Perciò, Sopoćko decide di chiarire bene in una riflessione spirituale, il nesso tra i due culti, dicendo che:

 «il culto della Divina Misericordia è la logica conseguenza del precedente culto del Sacratissimo Cuore di Gesù con il quale era connesso. Ora si manifesta autonomamente e non s’immedesima con esso, poiché non solo possiede un altro oggetto materiale e formale, ma ha anche uno scopo completamente diverso: si riferisce infatti a tutte e Tre le Persone della Santissima Trinità, e non unicamente alla Seconda, come l’altro culto. Quello attuale corrisponde di più allo stato psicologico dell’uomo d’oggi, il quale ha bisogno di fiducia in Dio e può pregare così: Gesù, confido in Te, e per Te, confido nel Padre  e nello Spirito Santo»[1]. 

 Dal testo appena riportato, si riscontra chiaramente il legame rilevante tra la festa della Divina Misericordia e la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù. Per tale ragione, Sopoćko mostrando una “logica conseguenza”, sottolinea l’essenziale in ciò che “l’uomo d’oggi” crede, il quale ha bisogno di professare la fede fiduciosa in Tre Persone. Perciò, le due feste si completano vicendevolmente ed evidenziano il Sacro Cuore divino-umano come l’essenza del cristianesimo, e cioè la persona di Cristo al centro della fede.

Sopoćko continuando la meditazione, dice che «la fede cristiana non consiste nel credere in un Dio astratto, irraggiungibile o lontano, ma nella Persona del Figlio consustanzialmente unita alle altre due: al Padre e allo Spirito Santo»[2]. Nel mistero più intimo e più profondo della Trinità, Gesù rivela tutte le parole di vita, l’amore filiale, l’amore fraterno fino alla morte. Nel mistero della croce, Gesù abbraccia amorevolmente tutta l’umanità chiedendo il perdono al Padre. Dopo la morte crudele di Gesù sulla croce, con un ultimo gesto spregevole del colpo con la lancia, gli viene aperto il cuore divino-umano, da cui scaturiscono i fiumi di misericordia[3].

Notiamo che il Nostro è riuscito a cogliere e a interpretare attentamente alcuni passaggi cronologici e sostanziali della Chiesa, nell’approvazione della festa del Sacro Cuore, per capire meglio l’aspetto storico, l’origine, le ragioni e l’oggetto formale dell’idea. Sopoćko, infatti, si accorge che già i Padri molte volte hanno parlato dei sacramenti della Chiesa sgorgati dal cuore di Gesù crocifisso, trafitto dalla lancia di un soldato romano[4]. Per esempio sant’Anselmo, san Bernardo, san Bonaventura hanno contemplato nel cuore di Gesù il simbolo dell’amore infinito di Dio per gli uomini. Esplorando l’opera di san Giovanni Eudes (1646) e le apparizioni mistiche di santa Margherita Alacoque (1690), il Nostro mostra che esse, però, non costituiscono una base teologica per la devozione al Sacro Cuore. Esse sono state soltanto una buona occasione utilizzata dalla Chiesa, per ritenere e definire l’opportunità di permetterne la devozione[5]. Nei documenti ecclesiali, invece, Sopoćko trova gli altri fatti molto significativi. Per esempio nell’anno 1765, il papa Clemente XIII diede addirittura il pieno assenso alla richiesta dei vescovi polacchi, che coraggiosamente domandavano l’approvazione per la devozione al Sacro Cuore, non esclusivamente come un simbolo dell’amore di Dio, ma come il cuore divino-umano, cioè “il cuore del vero Dio” e «il cuore di carne del vero uomo»[6]. In seguito, nell’anno 1794, il papa Pio VI, nella costituzione Auctorem fidei, mentre condanna il Sinodo di Pistoia, spiega in che cosa consiste la devozione al Sacro Cuore approvata dalla Chiesa, dicendo: «in quanto il cuore di Gesù è il cuore della Persona del Verbo, a cui è inseparabilmente unito»[7]. 

Ricordiamo che la solennità del Sacro Cuore, la quale in un primo tempo non era stata concessa, fu consentita nel 1765 dal papa Clemente XIII, e nell’anno 1856 fu estesa a tutta la Chiesa dal papa Pio IX. Tanto è vero che nella Positio della beatificazione di Margherita Alacoque, si trova un riferimento del papa Pio IX al cuore di Gesù fisico, dove dice:  «chi sarà tanto duro e ferreo da non muoversi a riamare quel cuore soavissimo e per questo, ferito dalla lancia?»[8] Successivamente, il papa Leone XIII nella Lettera Apostolica del 1885, attribuisce al cuore trafitto di Gesù il rifugio, il riposo e il segno della salvezza per gli uomini. Nell’anno 1928, il papa Pio XI, con l’enciclica Miserentissimus Redemptor, espone in modo ancora più profondo i motivi e le ragioni della devozione al Sacro Cuore, ponendo l’accento particolare sulla consacrazione, intesa come l’atto d’amore da parte della creatura verso il Creatore, sulla riparazione delle bestemmie contro Dio e sull’importanza della ricompensa per la passione di Cristo[9]. Il papa Pio XII, nell’enciclica Haurietis aquas del 1956, aggiunge ancora:

 «a buon diritto possiamo scorgere in questo culto, divenuto ormai universale e ogni giorno sempre più praticato, il dono che il Verbo incarnato ha fatto alla Chiesa in questi ultimi secoli della sua travagliata storia»[10]. 

 Notiamo che il papa era particolarmente consapevole della rilevanza e dell’universalità della devozione al Sacro Cuore di Gesù. In questa citazione appena menzionata, viene evidenziato esplicitamente il mistero del Verbo incarnato. Appunto, l’incarnazione del Verbo di Dio si è svelato pienamente nel cuore divino-umano di Gesù, che resta sempre il simbolo dell’amore alto, puro, perfetto e sostanziale per ogni persona. Perciò, diremo che l’oggetto informale della devozione al Sacro Cuore è il Logos incarnato, e cioè “il cuore di carne” di Cristo. L’oggetto formale, invece, è la misericordia di Cristo Gesù, e cioè amore misericordioso divino-umano[11]. 

Vale la pena sottolineare che già nella promessa: «Io vi darò un cuore nuovo, toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne» (Ez 36, 25) troviamo la garanzia permanente dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Del resto, Gesù stesso ha adempiuto la promessa del dono meraviglioso e fondamentale. Nei Vangeli sinottici, Gesù invita fortemente a evitare il formalismo dei farisei e ad amare Dio con tutto il cuore, ben disposto verso di Lui. La visione di Dio, infatti, sarà riservata ai puri di cuore. San Paolo dice: «se il tuo cuore crede che Dio l’ha resuscitato dai morti, sarà salvo, perché la fede del cuore ottiene la giustizia» (Rm 10,9). Per fede, infatti, il cuore è illuminato e Dio abita nei cuori degli uomini. Secondo san Giovanni evangelista, Gesù è il cuore del nuovo Israele, che mette in relazione intima con il Padre, stabilendo fra tutti l’unità: 

 «Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me» (Gv 17, 21-23).

  Indubbiamente Cristo è l’unico mediatore tra il Padre e l’umanità, chiamata ad essere una cosa sola con Lui, un’anima sola ed un cuore solo. Nel Diario della figlia spirituale di Sopoćko, inoltre, possiamo leggere un passo che attesta la validità del tema trattato: «Dì all’umanità sofferente, che si stringa al mio cuore misericordioso e Io la colmerò di pace»[12]. Possiamo dunque affermare che l’umanità sofferente, attraverso questa devozione, riesce a trovare l’essenza del cristianesimo, cioè ad abbracciare la fede in Cristo - Logos incarnato, morto per la salvezza del mondo, e risorto dopo il terzo giorno. Il frutto del passaggio dalla morte alla risurrezione è la Chiesa, luogo e spazio della misericordia, la vera pace dell’anima e l’autentica felicità per ogni credente. Quel cuore, che ha tanto amato gli uomini, li ha invitati a riparare l’alleanza con «ὁ θεός ἀγάπη εἰμί» (1 Gv 4, 8) e tuttora chiama alla pienezza di vita, di pace e di verità che non delude mai.

sac. dott. Gregorio Lydek - ks. prof. dr Grzegorz Lydek

 

[1] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 204.
[2] M. Sopoćko, Ufność a Miłosierdzie Boże, in “Współczesna Ambona” 7(1952), p. 317: Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 229.
[3] Cf. M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, p. 230.
[4] Vale la pena sottolineare che «il soldato, costatando la morte di Gesù, gli risparmio la rottura delle ossa e con la lancia gli colpì il fianco, da cui uscì sangue ed acqua, è riportato solo nel vangelo di Giovanni. Si precisa che il soldato era andato a costatare l’avvenuta morte dei condannati, insieme con altri commilitoni, per due ragioni: secondo la legge giudaica, riportata nel Deuteronomio, se un uomo commesso un delitto degno di morte ed era stato appeso ad un albero, il cadavere non poteva rimanere tutta la notte, ma doveva essere sepolto lo stesso giorno, perché il condannato era una maledizione di Dio e il suo cadavere avrebbe contaminato il paese circostante»: E. Polidoro, San Longino - un soldato ai piedi della croce, Yume, Torino 2015, pp. 26-27.
[5] Cf. M. Sopoćko, Jezus Król Miłosierdzia , pp. 93-101.
[6] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, pp. 228-229.
[7] Pius vi, Auctorem fidei, in G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. L-III, Venezia 1851, s.e., pp. 293-295.

[7] M. Sopoćko, Miłosierdzie Boga w dziełach Jego, vol. II, pp.  228-230.
[8] U. Bellocchi, Pio IX 1846-1878, LEV, Città del Vaticano 1995, p. 45.
[9] Cf. L. Grygiel, Misericordia Divina per il mondo intero, p. 400.
[10] Pius xi, Mserientissimus Redemptor [5 agosto 1928], in AAS 20(1928) 165-178
[11] Cf. L. Grygiel, Misericordia Divina per il mondo intero, pp. 401-403.
[12] F. Kowalska, Diario, pp. 603-604.