Di Vincenzo Petrosino - Oncologo Chirurgo- SALERNO-

Aprire urgentemente un tavolo di crisi per l’intero settore del trasporto aereo italiano: la richiesta giunge sia dalla segreteria generale Fit-Cisl, sia da quella di Uil trasporti, attraverso le lettere inviate ai ministri dei Trasporti e delle Infrastrutture, dello Sviluppo economico, dell’Economia e del Lavoro.

I sindacati evidenziano la situazione critica del comparto a seguito della pandemia, che è sotto gli occhi di tutti, e “di giorno in giorno, si fa sempre più drammatica”.

Già dal mese di aprile 2020 migliaia di lavoratori versano in condizioni di precarietà. “In particolar modo – spiegano – si segnala la gravissima situazione in cui versano i lavoratori delle compagnie aeree Air Italy, Norwegian ed Ernest, tutte società che hanno dismesso o stanno dismettendo le attività operative basate in Italia con rischio di licenziamento dei lavoratori con l’aggravio per il nostro Paese sia in termini di costi degli ammortizzatori sociali sia della perdita di elevatissime professionalità impoverendo il tessuto industriale.

Alla luce di quanto sopra si ritiene necessaria l’attivazione di un tavolo di crisi ad hoc per il settore del trasporto aereo finalizzato ad individuare sia soluzioni di carattere industriale sia di sostegno al reddito ed all’occupazione, affinché si possa evitare quella che si configurerebbe come una vera e propria catastrofe sociale”.

Alla luce delle pressioni per tentare ancora di fare la nuova pista di Firenze, bocciata anche dal Consiglio di Stato, e tentare di fare ancora  l'ampliamento dell'aeroporto di Salerno (Costa D'amalfi) con oltre 56 ettari di espropri e decine di milioni di spese, già bloccato da Tar e rimesso temporaneamente in gioco dal Consiglio di stato temporaneamente... tutte queste richieste di venire incontro alla crisi del settore  finiscono per essere praticamente assurde.

Se i gestori di tanto potere hanno tanti soldi da pensare ad ampliamenti fantascientifici degli aeroporti e non hanno i soldi per mantenere gli operatori e impiegati , allora qualcosa non convince e bisogna  approfondire !!

Perché da una parte ricorrere ad aiuti di Stato e poi millantare chissà quali benefici a seguito della costruzione di nuovi aeroporti? Quanti soldi costa allo Stato e ai cittadini questo gioco? Ma esiste la possibilità per un settore già in crisi di creare davvero posti di lavoro? Quanti precari o cassa integrazione abbiamo a Napoli ad esempio ? Quali sono le reali condizioni economiche dei " colossi " che succhiano aiuti di stato? 

E' forse venuto il momento di cambiare il settore aereo la cui domanda era drogata dall'enorme calo dei prezzi e forse da troppi soldi pubblici. Un settore in realtà sempre in crisi  da anni. 

Secondo Stefan Gössling ricercatore dell’Università di Linnaeus il settore è  drogato dai sussidi pubblici e non ripaga i costi di impatto sul Pianeta. 

“La crescita di passeggeri del trasporto aereo è stata imponente negli ultimi anni. Per alcuni si tratterebbe del riflesso di una domanda reale: non è così, è una domanda indotta, artificiale, dovuta ai prezzi sempre più bassi”.

Stefan Gössling è un ricercatore del West Norway Reasearch Institute, professore di Turismo all’Università di Linnaeus e docente di Human Ecology in quella di Lund. Da 25 anni studia le relazioni tra turismo, trasporti e sostenibilità: in particolare la sua attenzione si è concentrata sull’aviazione e sul suo impatto sull’ambiente. Nel settembre 2020 ha pubblicato uno studio su “rischi, resilienza e vie per un’aviazione sostenibile: una prospettiva alla luce del Covid-19”. 

“Il numero di passeggeri che effettua voli internazionali è salito in maniera decisa nell’ultimo periodo; ma è il risultato del crollo del costo di viaggio che in soli 20 anni, dati Iata, si è ridotto del 60%”. I biglietti più economici sono, tuttavia, il risultato del mancato rispetto delle regole economiche di base: “Se questi principi fossero stati rispettati, ora buona parte delle compagnie sarebbe in bancarotta -osserva il ricercatore-. È un’industria malata e non sostenibile: se si guarda agli ultimi 30 anni, in 12 di questi l’aviazione ha registrato perdite, nonostante non siano mai stati pagati in alcun modo i danni ambientali causati e ci siano stati massicci sussidi statali”. 

La crescita ha infatti permesso al trasporto aereo di porsi come settore chiave dell’economia, ottenendo in questo modo un forte appoggio pubblico: nei nove anni precedenti alla pandemia gli aiuti forniti sono stati calcolati in quasi 197 miliardi di dollari, altri 100 miliardi di dollari sono stati destinati al settore soltanto nella prima fase della crisi dovuta al Covid-19.

“Ma l’aviazione non è davvero fondamentale dal punto di vista economico, altrimenti non avrebbe difficoltà a operare in maniera autonoma sul mercato: è stata fatta diventare un settore chiave in maniera artificiale, proprio attraverso i sussidi. D’altronde, se si decidesse di sostenere le ferrovie, anche qui ci sarebbe un calo dei costi e acquisirebbero importanza: attraverso dei sussidi si può dare un supporto e far crescere qualsiasi settore economico”.

Il trasporto aereo presenta problemi strutturali anche per quanto riguarda l’impatto sul Pianeta. Prima della pandemia, ricorda la ricerca, emetteva in atmosfera da solo un miliardo di tonnellate di anidride carbonica ogni anno; a questo vanno sommate le emissioni di diverso tipo, come il monossido di azoto (NO) e l’ossido di diazoto (N2O), spesso ignorate ma con effetti fino a tre volte superiori di quelli legati alla CO2. Un impatto significativo, calcolato come il 5% dell’apporto umano al riscaldamento globale, di cui qualcuno è decisamente più responsabile di altri.

Nei suoi precedenti studi Gössling calcola infatti come metà delle emissioni siano riconducibili all’1% della popolazione, una ristretta élite di super emettitori che percorrono in aereo centinaia di migliaia di chilometri ogni anno. A tutto questo si aggiunge l'aumento delle Pm e quindi inquinamento diretto e indotto nelle zone aeroportuali con gravi danni per la salute umana e per i terreni e i loro prodotti. 

Quindi, un settore che se non rivisto completamente va incontro a catastrofe certa. In realtà tante compagnie hanno già lasciato a terra o preventivato di mettere a riposo molti grossi aerei. 

Come ha analizzato Michael Gubisch, Cirium Dashboard’s Aerospace Editor, la pandemia ha accelerato il ritiro dei grandi velivoli widebody ma ha segnato la fine anche per alcuni jet più giovani e più piccoli. Mentre le compagnie aeree parcheggiavano gli aerei in massa durante l’epidemia di coronavirus, l’Airbus A380 è stato probabilmente il modello più importante per il quale le dismissioni diffuse sono state accompagnate da prospettive incerte per il suo ritorno in servizio.

Air France è stato il primo vettore a ritirare definitivamente il superjumbo, accelerando il piano del ritiro dei suoi 10 A380 previsto inizialmente entro la fine del 2022. Anche Lufthansa ha fermato e tolto tutti i suoi A380 e A340-600 dalla pianificazione futura. Qatar Airways, nel frattempo, non prevede il ritorno dei suoi 10 A380 immagazzinati per almeno due anni, mentre un altro operatore mediorientale, Etihad Airways, anch’esso con una flotta di 10 A380, attende per rivalutare la fattibilità del ritorno in servizio del velivolo. Al 1 dicembre 2020, i dati sulle flotte Cirium mostravano 21 A380 in servizio e 219 in deposito.

Lufthansa ha anche accelerato il suo piano pensionistico dei propri 747-400. Avendo in precedenza previsto di utilizzare quel tipo di aereo fino alla fine del decennio, la compagnia ha spostato il lasso di tempo in avanti fino al 2025. Per questi modelli e per le compagnie che li utilizzavano e che erano già in difficoltà, l’impatto della crisi è stato devastante. Gli aeromobili quadrimotori sono stati quindi particolarmente colpiti, ma le compagnie aeree hanno anche eliminato gradualmente o accelerato i piani di pensionamento anche per i bimotori più popolari.

Riferimentio: www.aviation-report.com/2020-anno-nero-del-trasporto-aereo-stroncato-dalla-pandemia-di-coronavirus



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