Venerdì 27 ottobre, si è riunito il Consiglio dei Ministri a Palazzo Chigi, come di consueto , sotto la Presidenza del premier Gentiloni. Questa volta, però a svolgere le funzioni di segretario non è stata Maria Elena Boschi, nominata proprio in quel ruolo, ma la Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia.

Qual è stato il motivo di tale assenza a cui hanno fatto seguito anche quelle dei ministri Martina, Lotti e Delrio?

Il fatto che, come recita il comunicato stampa del Governo, "il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni, acquisito il prescritto parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia, ha deliberato il rinnovo del mandato del dottor Ignazio Visco a Governatore dell’Istituto."

Per tale motivo, i renziani di stretta osservanza, per dar seguito alla infantile coerenza del loro giovane capo che non voleva che Visco fosse nuovamente alla guida di Bankitalia hanno pensato bene, specialmente in vista del rinnovo delle Camere, di marcare le distanze dalla scelta di Gentiloni dando prova al segretario PD di essere dalla sua parte.

Naturalmente, il gesto aveva solo uno scopo unicamente politico, perché dal punto di vista pratico nulla poteva cambiare, tanto che successivamente il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto di nomina di Visco, acquisito il parere favorevole del Governo e del Consiglio Superiore della Banca d'Italia.

Ma oltre alla nomina di Visco, Matteo Renzi ha dovuto buttar giù un altro boccone amaro, anzi amarissimo... le ulteriori dichiarazioni del presidente del Senato con cui Pietro Grasso ha voluto precisare ai giornalisti riuniti a Palazzo Giusiniani le motivazioni della sua uscita dal gruppo PD per entrare in quello misto.

È ricorrere al voto di fiducia sulla riforma della legge elettorale ciò che ha fatto traboccare il vaso! In base a quanto ha dichiarato Grasso, il Senato non ha potuto esprimere un parere su tale legge a causa al voto di fiducia chiesto dal PD, un "atto di violenza" che ha voluto sottolineare con la decisione di lasciare il gruppo del Pd.

Decisione, annunciata in precedenza alle altre cariche dello Stato, che è maturata - parole di Grasso - anche dal fatto di non riconoscersi più in ciò che il Pd di Matteo Renzi fa, sia dal punto di vista della forma che in quello dei contenuti.

Più che una precisazione, quella di Pietro Grasso è stata una detonazione che finisce per mettere anche in imbarazzo lo stesso Mattarella che della legge elettorale deve ancora firmare l'approvazione.