I dati del contagio da Covid del 14 giugno in India riportavano 60.471 nuovi casi nelle ultime 24 ore, mentre il numero dei morti è stato di 2.726. Numeri che in Europa possono sembrare stratosferici, ma che invece confermano il calo nella diffusione della pandemia che in quel Pase ha interessato quasi 30 milioni di persone causandone la morte, finora, di circa 380mila.

Gli oltre 60mila nuovi casi Covid sono il numero più basso registrato in India dal 31 marzo, secondo i dati forniti dal ministero della Salute. Per questo, molti Stati hanno deciso di allentare le restrizioni imposte a seguito dell'ultima ondata che ha messo in ginocchio il sistema sanitario in molte grandi città del Paese.

Così, ad esempio, dopo cinque settimane di chiusure a Delhi, le autorità locali hanno consentito la riapertura di negozi e centri commerciali, hanno permesso ai ristoranti di riempire i locali fino al 50% della capacità e alle reti ferroviarie suburbane di fare altrettanto. Anche gli uffici sono stati parzialmente riaperti.

E tutto questo nonostante la campagna vaccinale nel Paese proceda al rallentatore, con solo il 5% di somministrazioni effettuate finora ai 950 milioni di indiani  vaccinabili.

Questo sta accadendo in una nazione dove fino a poco più di un mese fa vi era carenza, se non addirittura assenza, di ossigeno in molti ospedali e dove il numero di decessi per Covid è stato così elevato tanto da rendere impossibile cremare i cadaveri nelle apposite strutture, facendo sì che molti giardini pubblici siano diventati forni crematori a cielo aperto.

Non sembra che quanto accaduto solo poche settimane fa sia servito da lezione per non ripetere gli stessi errori. È quasi certo, pertanto, che entro un mese in India avremo un nuovo aumento di casi che potrebbe aver promosso nuove ulteriori variazioni del virus, ancora più contagiose, e pertanto mortali, di quelle attualmente in circolazione.

Stando così le cose, sembra impossibile poter pensare di tornare nel mondo ad una normalità pre-Covid nel giro di un paio di anni.